Il fatto è che ci arrivo tardi, come al solito. Non ero un appassionato di serie tv. In generale, mi annoio a stare seduto a vedere la televisione: tra pellicola e carta ha sempre vinto quest'ultima. Non ne ho mai fatto una questione del "cosa è meglio di", era, anzi è, solo un fatto di attitudine. All'immaginazione del regista che mi impone il suo punto di vista, la sua prospettiva, il suo angolo di visuale, ho sempre preferito la mia che, per quanto influenzata dalle informazioni, dalle angolature e dai malesseri dello scrittore, resta comunque costretta ad un lavoro di riorganizzazione della memoria, delle emozioni e dei colori. Lo scrittore scrive e tu - leggendo, ovviamente - ti immagini l'infermiera, il pescatore, l'etiope malata, due sposi. A modo tuo. Insomma, la lettura richiede quel passaggio in più che resta tuo, tuo soltanto. Poi, però, e con imperdonabile ritardo, ho capito che la narrazione ha poteri e necessità che vanno oltre i confini del libro. In realtà, ho da tempo abbandonato la partigianeria a favore del libro a tutti i costi. La riproposizione di un'opera letteraria non è che una nuova scrittura di un lettore che ci offre il suo punto di vista: un lavoro di rilettura e riscrittura preziosissimo per un appassionato di narrazioni. Però poi ho pensato alle opere originali, cioè a quei film non tratti o ispirati da/a opere letterarie. Inizio a fare una considerazione apparentemente ovvia: ogni opera d'arte, dal primo disegno rupestre o componimento in rime ad oggi è tutto riscrittura. Riscrittura che poi può essere miglioria o evoluzione. Nemmeno i Dada hanno davvero ribaltato in toto la tradizione. E se l'hanno fatto, resta comunque riscrittura. Per la serie: « Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma ». Arrivando finalmente al motivo di questo post, Breaking Bad è un estenuante e meraviglioso lavoro narrativo di rielaborazione di cose vecchie come il mondo: corruzione, voglie di rivalsa, banalizzazione del male, il fascino dei cattivi, cattivi che sono meno cattivi di certi cattivi, il rapporto maestro-discepolo e potrei continuare all'infinito. La trama è di per sé originale. Però, la domanda che mi sono voluto porre è E se fosse stato un romanzo? Walter White/Heisenberg combatte contro un tumore e più questo regredisce, più la sua sete di potere - che è anche voglia di rivalsa - diventa inarrestabile. La malattia lo incattivisce, il countdown che piano piano lo avvicina alla morte, per quanto rallentata dalle chemio, è spietato. Ci sono troppi rimpianti nel suo passato per non provare a rimettere le cose a posto. La malattia gli ha tolto ogni inibizione, lo ha liberato dalle catene della società. A mano a mano, tutto è concesso e, più le chemio fanno effetto, più la sua metanfetamina blu si fa largo nel mercato dei narcotrafficanti di tutto il mondo. Ho scavato nei ricordi, nella mia piccola biblioteca memoriale e, pensando pensando, mi è venuto in mente un classico: Il ritratto di Dorian Gray. Un po' ne ho vergogna, sinceramente: pare quasi che un Wilde qualsiasi sia nascosto tra le maniche di ogni appassionato di letteratura, tra le piaghe di qualsiasi comparazione. Pare quasi troppo facile. Ma forse nessun altro scrittore è stato così bravo a rappresentare la corruzione dell'anima. Dorian è troppo simile a Walt per la comune paura per il tempo che passa. Troppo simile il narcisistico amore per se stessi e la loro opera d'arte migliore: da un lato la propria bellezza, dall'altro sì la metanfetamina blu ma, forse, anche quel Jessi, un tossico incapace, diventato il secondo miglior produttore di met in circolazione. E pure ci ho visto una morale vittoriana, spesse volte semplificatrice e per la quale Walt, più di una volta, ha provato uno strano rigurgito. Violento fino all'inverosimile, eppure tanto reale. Il meraviglioso quadro di Basil Hallward, rappresentazione eterna della giovane bellezza di Dorian, si imbruttisce così come imbruttisce l'ideale familiare di Walt. La corruzione è un tumore che non ha limiti. Più si sconfigge il male fisico, più la bruttezza morale si impossessa delle sue idee, della sua immaginazione, del suo corpo, fino a traboccare nella realtà. L'unica soluzione è distruggere il quadro, sgozzare il mostro, restituirsi alla vita e, in fine, tornare di nuovo - in un certo senso - nella retta via. Di fatto, offrendo l'anima al diavolo/diodenaro (nel caso di Walt, più che i soldi è quel gusto del saperci fare) - chi per ottenere in cambio bellezza ed eterna giovinezza, chi invece saggezza e/o rivendicare ai tortuosi eventi della vita ciò che gli è stato tolto - entrambi sembrano una rirappresentazione del Faust, per certi versi archetipo del genere, dal quale è pare sempre possibile partire, riscrivendo soggetto, modificando qua e là qualcosa dello sfondo, rimodulando i leitmotiv. E forse ho già detto troppo. Forse ho esagerato. Già. Ma dovessi trovarla tu la risposta alla domanda E se fosse stato un romanzo?
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Ho letto che Morgan ha lasciato "Amici". (Clicca qui se proprio vuoi saperne di più). Ci sono 3 considerazioni da fare o che mi vengono da fare: a) che Morgan, grande e vaccinato, con alle spalle più reality che canzoni scritte ( per i fan dei Bluvertigo: è un eufemismo), ancora non è capace di stiparsi una cosarella di soldi per evitare di buttarsi in queste tarantelle qua. Al di là di ogni gusto e a parte il fatto che è irritante come il DDT sulle palle per quanto ( a volte, a buon motivo) è presuntuoso, Morgan è colto e preparato (forse l'unico lì in mezzo capace di riconoscere un accordo di tredicesima in mezzo a tanti giri di Do). La domanda dunque lecita è: ma chi glielo fa fare? Ah già, a parte il portafogli e le bollette e gli acidi: l'Ego; b) che Maria De Filippi è talmente il male assoluto ( per questo a suo modo intelligente) - coi suoi programmi feccia che esaltano la feccia per un pubblico che ( non si offenda nessuno: nel pentolone mi ci metto anche io) non è sempre capace di riconoscere bene e male, bello e brutto, giusto e sbagliato: dunque è perfetto per il mercato, il loro - che con la sua letterina-comunicato si è parata la palla al punto che Morgan passerà per il permaloso presuntuoso di turno, mentre, con una carezza, è riuscita(?) a nascondere i vuoti, i buchi e gli orrori della produzione. (Orrori tipici non solo di Amici ma, a mio modestissimo parere, chi più e chi meno, di tutto il discount dei reality). c) che, al di là del tiritittittì del titolo, è l'occasione buona per ribadire un concetto, mai troppo usurato da non ribadirlo in maniera lapidaria e riassuntiva rispetto all'inciso del punto scritto poc'anzi: il pubblico deve tornare a fare il pubblico. Non può essere giudice. Se non altro per il bene dell'arte, ché tale ancora mi illudo sia la canzone. Intelligenti pauca. |
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March 2019
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