In realtà, non è così difficile come si crede, credo. Cioè, basterebbe poco, che poi proprio poco non è: un bel programma, dei saggi che ti chiarifichino ogni piccola cosa, un professore che ami fare quello che fa (miracolo tra i miracoli), un'edizione fortunatamente pignola che, passo dopo passo, con passione (repetita iuvant), ti indichi pure il momento esatto in cui Manzoni, stanco di stare piegato sulle sue carte zozze d'inchiostro, ha fatto una pausetta, per sgranchirsi le gambe e per fumarsi un cannone*. Però, lontano dalla folla ché è agorafobico; magari a pochi passi dal figlio che sta giocando coi porcellini d'india. Qualcuno lo ritiene un lavoro pedante, forse resta comunque difficile avvicinare un liceale alle mille pagine e passa manzoniane, obbligandolo a stare lì a spulciare ogni singola nota per capire bene i corsi e i ricorsi di Renzo e Lucia. Probabilmente, a questo tipo di letture, continuerà a preferire altro. Un libro (qualsiasi), nelle migliori delle ipotesi. Non so cosa, nelle peggiori. Ma... Tralasciando le pur interessanti tarantelle o querelle - per dirla alla maniera dei francesi - tra chi ritiene i Promessi un capolavoro indiscusso e chi qualcosina deve dirla per forza, altrimenti si fermerebbe ogni tipo di validissima analisi, non si venderebbero più libri, si arresterebbe la ricerca, devo constatare che, grazie a questa edizione (diretta da Francesco de Cristofaro e realizzata da un'equipe multidisciplinare di studiosi della Federico II), dopo anni di tedio, odio, pregiudizio, schifo, finalmente posso dirlo: mi sono innamorato de "I Promessi Sposi". E non come quando, a piazza Bellini, bevi talmente tanto ché sei pronto a flirtarti la prima scorza di pelle, capelli e rossetto ti si avvicini (un'esplosione di passione ché ne rimarrebbe contenta la Lorenzin). No, è più come quando la tua compagna di classe vuole a tutti i costi uscire con te, ma tu la ripudi, semmai fai finta di niente, perché bruttina, mal vestita, in apparenza poco interessante, insomma un anatroccolo. E poi passano gli anni e qualcuno ti fa notare, con tanto di numeretto a piè di pagina, che sta maturando bene, si è fatta carina ed è - guarda caso - assai più interessante di quanto non lo fosse prima, l'anatroccolo di cui sopra. La differenza è che la letteratura non ha la cazzimma di vendicarsi per quello che (non) hai fatto quando tenevi 16 anni ed eri un idiota. Piano piano, se c'è l'amore ( e la salute), si recupera tutto. Più o meno.
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Cosa stavo facendo? Ah sì. "Offerte di Lavoro", ecco. Nuove assunzioni nelle poste, nella banca, nella bancarella di Giggino il fruttaiolo che non ti piglia a lavorare se non hai minimo 30 anni di esperienza nel settore dei mercati di Villa Literno, cercasi centralinista, nuove assunzioni per azienda start up, cercasi persona brillante, discrete capacità comunicative, bella presenza, disponibile, automunito, possibilità di migliorare il proprio ruolo nell'azienda, fisso di 400 euro comprensivo di fallo roteante comodamente saldato sulla sedia che noi, la nuova azienda leader nel settore, ti offriamo in omaggio, insieme ad un corposo corso di formazione gratuito di due ore e trentatré minuti, tramite il quale ti insegneremo le allettanti offerte dell'azienda che noi rappresentiamo e, soprattutto, ti illustreremo la nobile arte dell'abbordare docili anziane e costringerle a sottoscrivere contratti con i quali tu, persona brillante dalle discrete capacità comunicative, non farai un cazzo ché, per godere dei bonus incentivi, dovrai farne altri 10.000 e passa. Cercasi operatore sociosanitario nel settore enogastronomico. Questo mi sembra buono, ma cos'è? In pratica, devi controllare se i pizzaioli, dopo aver pisciato, si sono lavate le mani. Ottimo e la paga? La paga è a cottimo. Cioè? Ogni germe stanato sono dieci centesimi di euro, più la mancia se il cliente richiede un supplemento extra di margherita prosciutto, crocché, mais, panna, cocktail di gamberetti, ricotta, uovo sodo, rucola, scaglie di parmigiano e l'ingrediente segreto a scelta dello chef. Interessante, interessante. Dopo invio il curriculum. Bene, bene. Dicevamo? Ah sì, San Gennaro. Approfitto per farti una richiesta. Allora, San Gennaro, visto che ora ti sei un po' sciolto, ti sei riscaldato e c'hai le mani belle e pronte, potresti, non dico farmi un miracolo, né una grazia, dico, semplicemente un favore? No, no, non preoccuparti, non pretendo nessun numero al superenalotto, né lo scudetto del Napoli, nemmeno la salute, figurati se mi permetto di chiedere a te una cosa di soldi. Nulla di tutto ciò, dico soltanto: visto che mo' c'hai le mani calde, non è che potresti fare una scaricata di paccheri non a tutti i napoletani, nemmeno a quelli che davvero vogliono bene alla mia città, ma solo a quelli che speculano e campano col folklore in tasca e la cornucopia sotto al braccio piena piena di sfogliatelle, pizze a portafoglio, cornicielli e il poster di Maradona abbracciato a Totò e a Pino Daniele, a quelli che vendono, a venti centesimi al chilo, guantiere di fatue, vacanti, campanilistiche ed opportunistiche identità? No, così, per lo sfizio di vedere poi come va. Grazie San Genna'. Guardando con attenzione il social questa è una delle prime riflessioni.
"Non sono d'accordo con la tua idea, ma lotterò affinché tu possa esprimerla". Col cazzo! Cioè sì, può anche darsi, l'importante è che tu però ammetta di essere una capra. Si avverte, e mi ci butto anche io nella brodaglia (ché siamo tutti perfettibili), un senso di autoritarismo d'ancien régime. Riconosco, nei miei modi di fare, un sarcasmo estremamente cinico che, a detta degli altri, mi fa sembrare pedante e presuntuoso. Lo so e, tante volte, mi ci diverto ad interpretare questo tipo di ruolo: è che spesso mi sento migliore di voi, che posso farci? Scherzo scherzo. Sapeste che fatica si fa a partorire un'idea, tenersela stretta, lasciarla andare quando ci si rende conto di aver sbagliato, stare sul filo tra coerenza e riflessione, capire che della coerenza non te ne fai nulla: l'importante è avere ragione. Scherzo, di nuovo. Di fatto, c'è da una tendenza da registrare: che sia un giornalista, una Selvaggia Lucarelli, un intellettuale o un webete ( che fa tanto nome da Pokemon, di quelli comuni che, quando si evolvono, non servono comunque a un cazzo) la mia opinione è e sarà sempre migliore della tua. Punto, stop. E da un certo punto di vista mi pare anche tautologico: se io, al secolo, Caio Sempronio, ho una certa idea è perché credo sia migliore delle altre, altrimenti la cambierei, mica so' fesso. "Spalanca il tuo orizzonte, apri la mente". Ritornelli e contro canti. Caio invita Sempronio ad aprire la mente; Sempronio, a sua volta, consiglia Caio a rivalutare attentamente le sue affermazioni al fine di raggiungere una più stigmatizzata conclusione della contesa; Tizio se ne sbatte proprio e manda tutti a cagare. Nulla di problematico se a sbattersene sono, per l'appunto, i Caio, i Sempronio e compagnia cantando; non ce ne frega un cazzo se la Parrucchiera di Casapurchiano, che ha alle spalle due mariti morti, una relazione con un Pakistano ricchione che vive a Gianturco, tre figli e la quinta elementare, si scandalizza per una vignetta o trova incomprensibile l'astio nei confronti di uomini donne e ricchioni che perpetrano una subcultura kitsch voyeristica fatta di inciuci e pianti da soap opera sud americana, prodotta con 2 euro, IVA inclusa. Nemmeno se a farlo è uno pseudo cantautore scrittore che s'atteggia ad intellettuale che, in realtà, nessuno si caga. No, sticazzi. Il problema è quando sono i Mentana e gli Scanzi (due dei quali verso nutro la maggior stima) ad erigersi a divulgatori del divin pensiero. Finisce il giornalismo della notizia (possibilmente) obiettiva, inizia l'editoriale soggettivissimo moralizzante. Non un'analisi, non un'indagine. No: L'OPINIONE. O sei con me o sei un webete. E lo sei, non perché magari hai detto una cazzata (perché non dimentichiamoci che le cazzate si dicono, si devono dire, altrimenti passa l'idea che non si possa pure esprimere pensieri: le cazzate vanno dette proprio per trasformare la suddetta cazzata in un interessante scambio di opinioni), ma semplicemente perché sei un signor nessuno. Non perché le tue riflessioni poggiano su fondamenta dalla consistenza di una lasagna disegnata da vignettisti francesi; no, semplicemente perché sei un signor nessuno. Non perché magari - ti si dice che - in quel particolare argomento non ne hai le competenze; no, ma perché sei un signor nessuno. Non perché sei un emerito imbecille; no, ma perché sei un signor nessuno, ed io sono io, il sommo. Ci sono due tipi di opinioni: a) quelle che si basano solo su idee personale ad minchiam dell'interlocutore, senza cercare di riscontrarne il fondamento con la realtà; e, anzi, se il battibeccare riguarda aspetti di tipo antropo-esistenzialistico, analizzano - per così dire - la tua riflessione (magari cinica e sarcastica) attraverso domande del tipo ma tu non soffri? e se fosse capitato a te? Come se fossimo tutti fatti con gli stampini, tutti uguali, tutti con le stesse bestemmie sotto al palato, tutti con la stessa timeline; b) quelle che, al contrario, provano quanto meno di informarsi, capire, documentarsi, relazionandosi all'idea che, a meno che tu non sia Leonardo Da Vinci e viva nel 1450 e dispari, non puoi sapere tutto e avere un'opinione su tutto! E la generazione a venire starà peggio rovinata perché nata direttamente nel carcere del web: i cosiddetti internati... ...ma, ad ogni modo, è normale questo feroce mitragliare considerazioni su tutto: è il web che ce lo impone con i suoi subdoli meccanismi. Hai la tua bacheca, i tuoi contatti, la tua qwerty, le tue cose, il tuo mondo è lì, con le dita anchilosate che hanno voglia di sgranchirsi e, quando viene messo in piazza il nuovo argomento su cui poter digitalizzare la tua idea - filosofica metafisica moralistica ontologica -, ti sale l'orgasmo e in un attimo sborri e sqwerty (per la par condicio) dappertutto. E fino a quando parliamo di onanismo, ognuno ha il diritto di vivere come può ( la verità ti fa male lo so♪ ); ma quando si arriva a voler giganteggiare... a voler scopare per godere da soli, col proprio pisello, altro che contratto sociale tra gentiluomini. Olio di ricino e camere a gas. Mein Führer! Buttate la chiave! Ci risiamo. Si fa presto a commentare. Alzi la mano libera chi, il video in questione, non l'ha visto, per curiosità, per riderne, per commentarlo, per dire - come sempre - la sua. Alzi la mano libera chi, prima di oggi, si era chiesto che fine avesse fatto la ragazza. Alzi la mano libera chi in quell'altra non ha il mouse da scagliare in mezzo alle pietre di chi è senza peccato. Questa è una brutta storia. Pietosa per com'è iniziata, drammatica per il finale. Nel mezzo, il vuoto e qualche grasso sibilo di risate, già. Ora? Ora pare che non si aspettasse altro per giudicare. O forse no: la verità è che nessuno ne ha più parlato. Come tante altre cose, il web ha saputo fagocitare e trasformare in deiezione-ricordo anche il caso Cantone. Così come il terremoto, poi le vignette, poi la bambina violentata di 13 anni, poi Renzi, poi Monti, poi Berlusconi, poi il capello biondo di Insigne. Si vede, si mangia, si caca - magari assumendo una posizione di 35° gradi che è meglio - e il tempo di una sigaretta e anche questa ce la scordiamo. Sinceramente, stranamente, in questo caso, le idee chiare non le ho: è che mi urta questo puritanesimo della coscienza. Tutti candidi, tutti puliti. Resta il problema Mi pare facile parlare di cyber bullismo. Facile accusare. Facile commentare. Facile criticare. Facile dopo. Facile prima. Quindi, shhh. L'inquisizione ai tempi dei Charlie Hebdo. Quando una vignetta ci fa salire l'Hitler che è in noi.4/9/2016 Cerco di mettere ordine, almeno per me. Si è detto di tutto. 1) "Ah, come si sono permessi, hanno riso sui poveri morti"! Si è provato a consigliare, con calma (prima), con ardore (poi) che, a leggerla, lentamente, cercando di imparare a capire il linguaggio della vignetta, non c'è nessuna risata. Nessuna offesa ai morti, semmai una difesa. Ma niente. Molti hanno preferito restarsene inchiodati, fermi alle proprie posizioni, come degli inesperti di geroglifici egizi che vogliono interpretare, ad minchiam e a tutti i costi, simboli di cui non conoscono il significato. La satira ha un suo linguaggio. Anzi, la satira ha i suoi tanti linguaggi. Provare a ingabbiarla, proponendo modi alternativi del tipo "Avrebbero potuto fare questo, avrebbero potuto fare quest'altro" è come affermare che Manzoni avrebbe dovuto descrivere la peste ne "I Promessi Sposi" in un altro modo o come dire ad un piastrellista come andrebbe fatto il suo lavoro. Troppe note, dice il re a Mozart. Sì, ma quali note? A me sta bene questo conformismo del buon gusto, dunque poniamo per assurdo l'idea che, per evitare tutto questo spreco di parole, si diventi tutti uguali, tutti con la stessa testa. Sì, evviva!, conformiamoci tutti. Bellissimo! Yeah! Ehi, scusa un secondo! ma conformi a chi? Tutti uguali a cosa? Cioè, chi è che decide chi, chi è che decide cosa? Cosa facciamo? Chi si occuperà della censura? Però dai, sono d'accordo, in Turchia hanno già messo al bando Shakespeare e Cechov, perché noi dobbiamo essere da meno? Buttiamo via Céline ed il suo cinismo cattivo oltre ogni regola, oscuriamo Bukowski e le sue depravazioni, strappiamo le pagine de Il Candido di Voltaire e i suoi preti sgozzati, spegniamo I Griffin! Dai! Se ci sbrighiamo e rimettiamo in piedi l'Inquisizione, ricomponiamo la lista di libri ed autori da mettere all'indice, reintroduciamo la tortura, siamo ancora in tempo per organizzare il primo torneo di caccia alle streghe, con tanto di arbitro, moviola in campo e gironi di qualificazione. Chi acchiappa meno streghe va in serie B. Potremo fare il fantacacciastreghe. 2) "Hanno paragonato dei morti alla lasagna. Non fa ridere". Gesù, non è proprio così, ma non ho capito una cosa: vi indigna di più il paragone o il fatto che sia andata proprio così? E dove avete letto che la satira debba far (per forza e sempre) ridere? Chi vi dà questa convinzione? 2 bis) "I morti non si toccano". E allora lasciateli sotto alle macerie! Così stanno meglio, magari resuscitano. E, comunque, la vignetta non narra de i morti, ma de la morte. 3) "Sì, ma avrebbero potuto, se proprio volevano fare critica sociale, colpire direttamente la politica". Ancora con "avrebbero potuto". A parte il fatto che è proprio quello che hanno fatto, ma se avessero messo Renzi, Alfano e Boschi nella vignetta, vi sareste indignati di meno? Avreste addirittura riso? La morte, per voi, cambia in base alle vostre simpatie? Quindi, per assurdo, se tra i cadaveri ci fosse stato qualche pezzo di merda, qualcuno che vi era sul cazzo, sarebbe stato tutto ok? Cosa vi preoccupa? Che il candore di qualcuno sia stato intaccato? Dove? Io ci vedo (così rispondo ai punti N° 2 e 2 bis, ché volutamente ancora non avevo fatto) volti sfatti, un popolo stanco, addolorato, sporco di dolore-sangue-pomodoro, schiacciato, tritato, sfruttato dal magna magna italiano. Ma io ho i miei occhi, voi i vostri, ed ognuno può vederci quello che vuole: il bello della satira. 4) "Sì, però offende i morti". Ancora? Chiariamo: i morti non sentono, non parlano, non guardano, non più. I morti, in quanto morti ( perché forse vi è sfuggita questa cosa), non possono più offendersi. Semmai, l'offesa sta proprio nel fatto che siano morti, in quel modo, di notte, nell'intimità della propria casa. La risposta di Charlie Hebdo è stata "Non siamo stati noi ad aver costruito le vostre case, ma la Mafia" che è un po' come dire "Non sono le vignette ad uccidere, ma l'idiozia dell'uomo". Ditelo, allora, la vignetta offende voi. Non ve ne frega un cazzo dei morti, né dei parenti. Il vostro è più un pretesto per tutelare voi stessi, le vostre considerazioni, il vostro buon gusto. Volete essere rassicurati e restare chiusi, al riparo delle vostre considerazioni, lontani dalle paure; volete sentirvi dire che: è stato solo e soltanto una catastrofe naturale. Ditela la verità. 5) "Ho capito, dai, però se fosse capitato a te? Ad un tuo parente"'? Sì, è stato detto anche questo e qualcuno lo ha fatto anche con un pizzico di cattiveria in gola, uno stridìo in fame che nasce dal fegato insofferente e perbenista. Premettendo che suona come una minaccia, chi scrive vive nel la terra dei fuochi e conosce la morte, conosce lo strazio, conosce il pianto che ti strappa via da dosso l'anima, ma soprattutto la speranza. Conosce (e prova a conoscerla meglio) la satira e conosce anche l'indignazione. Sì, perché nessuno è immune. Non è che chi la apprezza, è sempre pronto a subirla. O stia nelle condizioni di poterla capire, subire, apprezzare, amarla. Anche io, che cerco di tutelare questo tipo di satira qui, ho la mia sensibilità, la mia anima, i miei pianti laceranti. Alla saccenteria (di alcuni) di chi si è posto a mo' di pedagogo della satira (anche non avendone le competenze, tipo il sottoscritto, eh, che ha molto da studiare), avete risposto con l'atteggiamento aprioristico di conoscere la sensibilità degli altri. Come se, solo perché abbiamo capito/accettato questa vignetta, fossimo dei criminali insensibili, al pari dei kamikaze, al pari dei nazisti. Che ne sapete del subbuglio dell'anima di chi vi è di fronte? 6) "Quando c'è stata la strage di Nizza, noi tutti abbiamo espresso cordoglio e nessuno ha fatto ironia". Premesso (mi piace farne tante di premesse) che trovo assurdo questo continuo porsi - in una discussione - a rappresentante di una nazione intera, come se tutti la pensassero nello stesso modo ( così come Charlie Hebdo non rappresenta tutta la Francia, e trova in sé contraddizioni, detrattori e dissidenti, così il tuo pensiero non può essere - e menomale! - uguale al mio), anche qui c'è l'errore. La satira è transnazionale: uscirono delle belle vignette ITALIANE piene piene di Satira riguardanti - ad esempio - la strage di Nizza. Faccio parlare la vignetta ( perché le vignette parlano e, quando uno parla, bisogna stare attenti a ciò che dice, altrimenti, si interpreta male il messaggio e, invece, se uno parla una lingua diversa dalla mia, dovrei sforzarmi a conoscerne il linguaggio, se proprio voglio averci a che fare, nel bene e nel male): 7) "E a me fanno schifo anche questi qui italiani. Il mio discorso è un altro: loro hanno saputo prendere in giro l'Italia. Chi sono loro per criticarci? Questi francesi di merda. E se fosse capitata a loro una strage simile? Ne riderebbero ugualmente"? Ancora il "se fosse capitato a te". Ad ogni modo, per non ripetermi, mi limito a porre un'altra domanda. Allora, il vostro è un atteggiamento patriottico sentimentalista antifrancese? Siamo tornati al 2006 quando, a dividerci, è stata la capocciata di Zidane a Materazzi? Meglio la pizza o l'omelette? 'Sti francesi di merda che non hanno il bidè! E comunque, anche qui, le immagini parlano chiaro. Anche qui c'è da contraddirvi. Mi dispiace: Charlie Hebdo si pone in questi termini: forte, cruda, dura, come tanta satira. Tuttavia, vi ripeto una cosa che ho scritto tempo fa, su questo blog, su Vauro e la sua vignetta su Casaleggio: voi - ma anche io - avete il sacro santo diritto di dire "non mi piace" e di restare nel vostro disgusto: è comprensibile. Non potete però criticarne i modi, i tempi, le tecniche, i contenuti, fino al punto da volerla negare, se non ne conoscete il linguaggio. Ripropongo l'esempio dei geroglifici: potrete stare ore e ore davanti ad osservarli, ma se non sapete leggerli, per voi resteranno un mucchio di occhi, femmine e uccelli incisi nella pietra. O ancora: come andare in un museo di arte contemporanea e non capire una benamata minchia di quel florilegio di cornici. 8) Qualcuno ha messo in mezzo il caso Siné, cacciato dalla redazione di Charlie Hebdo perché accusato di antisemitismo, a causa di una vignetta su Jean Sarkozy e la sua presunta conversione all'ebraismo. Caso delicato e particolare, è stato riproposto dai detrattori del giornale, a mo' di critica, come se nessuno fosse immune dalla stupidità. Per questo io non sono Charlie Hebdo. Io sono per la satira, per la sua libera espressione. Chiaro? 9) "Sì, ma nella seconda vignetta hanno fatto peggio di prima: ci hanno accusato di essere Mafiosi. Sono stati superficiali nell'accusare solo la Mafia". Su questo avete ragione. Nel volersi spiegare, per un eccesso di zelo, hanno fatto un errore: non è solo la mafia ad aver costruito quelle case, ma anni e anni di strafottenza, di soldi investiti male, di altri soldi messi in tasca, di mancata prevenzione, anni di silenzio così che, dal terremoto dell'Irpinia ad oggi, ogni volta che la terra trema un po', il giorno dopo, stiamo lì a contare i troppi morti. Poi, fa niente se un atteggiamento simile è proprio tipico della Mafia; bisogna ripeterlo: non è stata solo la Mafia. Non quella di Corleone almeno, non quella de "Il Padrino". In una vignetta non ci entra tutto, sono stati approssimativi(?), ma resta che "le case, in un territorio sismico, sono, costruite male e i centri storici non restaurati" ( cit. Mario Tozzi, Geologo, mica una soubrette di Pollenatrocchia). Avrebbero dovuto tacere, se non altro perché la bellezza della satira sta nel fatto che deve scaraventarti a terra, lasciarti senza fiato, col capogiro; deve o spingerti nel suo linguaggio o farti scappare via. Se me la spieghi a) dovrei solo vergognarmene; per la serie "mi prendi per un idiota"? (sì, n.d.a.); b) non c'è più gusto. 10) "Fanno soldi, speculando sul dolore". A Napoli si dice "la carne sotto e i maccheroni sopra". Considerazioni a soqquadro. Un giornale vive del proprio lavoro (fare satira) e noi stiamo a condannarli! Mannaggia mannaggia! Che scandalo! Che orrore! Dove andremo a finire? Magari, domani, potremmo anche non pagare gli artisti, decurtare i cachet ai cantanti e... ah... sono arrivato in ritardo. Ma poi, fatemi capire, per voi, solo perché non vi piace il suo lavoro ( vi disgusta, dite, ma in realtà non lo comprendete, il suo lavoro!), un giornale non può guadagnarci, però poi può farlo chi NON FA IL PROPRIO LAVORO, facendovi crollare le case in testa? Dove avete deciso di puntare il vostro sguardo? Un giornale fa satira, ci guadagna, mettendoci la faccia, il nome, rischiando che dei coglioni facinorosi estremisti passino alle minacce, e dalle minacce ai fatti, li criticate senza sosta, definendoli speculatori, e poi tollerate i siti-sciacalli che tirano a campare, con articoletti rubacchiati qua e là, scritti malissimo, privi di personalità, riportando pari pari le notizie degli altri, facendo click baiting? Cos'è il click baiting? Funziona tipo così: C'è un titolo: "Morto un ragazzo del napoletano", generico, sì, per incuriosirvi e spingervi a cliccarvici sopra; il link viene condiviso a raffica, da specifici addetti, su tremila gruppi social categorizzati, quelli tipo "Sei di *******" (ce li avete presenti?), con tanto di didascalia "è proprio di qui", per spingervi a scoprire chi è questo povero cristo deceduto; magari lo conosci, magari è un tuo amico e scopri che invece vive da trent' anni in Uzbekistan e che non sa nemmeno dove si trovi tale paese è proprio di *******. Questo non è speculare sui morti? Però, per me va bene, tutti devono pur campare. Davvero, accetto tutto. Accetto anche la vostra irreprensibile condanna al linguaggio, alla satira. Sì, sono delle merde, puah, puah!, sono dei violenti, puah, puah!, sono degli schifosi, puah, puah!. Però. Avete trattato Charlie Hebdo come se fosse Libero ed è questo che ci meritiamo: Io di figli voglio farne tanti e voglio dare loro quello che i miei, a botta di sacrifici, litigate e di cristi stracciati dalla croce, hanno dato a me.
La possibilità di studiare, per esempio, e di comprare - anche se usati, di decima mano - tanti libri, una chitarra, un paio di scarpe e un taglio di capelli decente. Sì, le scarpe servono: comode, ché il percorso e lungo e in salita, possibilmente belle, ché anche l'occhio ha i suoi capricci. E sì, pure i capelli sono importanti, per le motivazioni diottriche di cui sopra. Io di figli voglio farne tanti perché credo di poter essere un buon padre, quindi pieno di difetti, iracondo, ma anche aperto e comprensivo, almeno fino a quando i miei tempi avranno la forza di adattarsi e trasformarsi ne i suoi tempi. Ho voglia di scoprirmi, di ascoltare, di imparare dalla vita, dalla vita dei miei figli; ho voglia di insegnare, di leggere loro un libro, di consigliare quale canzone ascoltare, di farmi consigliare e di inventarmi, curioso dei suoi gusti, ogni giorno. Io di figli voglio farne tanti, ché il tempo è galantuomo, almeno fino a quando non si rompe il cazzo, smette di attendere e ti manda a fare in culo senza complimenti. Io di figli voglio farne tanti, perché so bene cosa significa essere figlio, e quanto sia dura fare i conti con le ore, i giorni e gli anni. Basta un giro con gli amici di una volta, un caffè al vecchio bar fuori al viale, un occhio al calendario e ti scopri maturo e pronto con la testa. Io di figli voglio averne tanti, ché avrei l'amore per poter far mie le voglie di un figlio meno fortunato, nato al di là della sorte. Detto questo, l'Italia non è terra di creatività, figuriamoci di creazione. In bocca a lupo, a tutti i candidati genitori. Abbiamo il vostro curriculum, vi faremo sapere. |
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