- Avremmo dovuto comprare l'altro copriwater. - Ma non c'entrava niente con il nostro arredamento! - Ma è un copriwater! Che c'entra con l'arredamento? - Sì che c'entra. Quello che volevi prendere tu era rosso. - E quindi? - Non c'azzecca col nostro bagno. Senti, la femmina di casa sono io. In fatto di gusto, quindi, comando io. - Bene, però ora abbiamo il copriwater più piccolo della tazza. - Che c'entra? Abbiamo sbagliato le misure, ma il colore è perfetto. - Mmm. Va be'. Scesero senza dirsi altro. Lui con la sua opinione. Lei con la sua. Non è che non avesse torto, no. Solo, non lo facevano con continuità e allora lui si sentiva un po' messo a dieta. Come quando potresti, ma non puoi. Lei lo guardava come persa nel vuoto. Non come quando si è distratti o sovrappensiero. Si sentiva persa, con le mani appoggiate al vuoto, a precipizio, senza panorami. - Non è che dobbiamo sempre farlo – diceva lei. - Perché no? - rispondeva lui. Era tosta dover stare sempre lì ad elemosinare un po' di sesso. E dopotutto, era fedele, un buon compagno, sempre presente, per quanto voleva e poteva, e lo voleva spesso, tenero, simpatico, nonostante quei suoi cinque minuti al giorno di tristezza. Lei era bella, intelligente, lo teneva sempre lì, sull'ispirazione, anche quando stava col pigiamone ed i suoi calzini di spugna. Gli sembrava una cosa normale il desiderarsi. Nulla di violento, molto aveva a che fare con l'amore e quelle cose lì. Soprattutto se aveva voglia di fare l'amore, nonostante il pigiamone e i calzini di spugna. - Vedrai, ora che andremo a vivere insieme, lo faremo tutti i giorni – diceva, per giustificare i lunghi digiuni, dovuti alle distanze, alla stanchezza, gli impegni, il mestruo. Come no. Certo. - E' che mi sento oppressa. Non mi dai nemmeno il tempo di farmela venire la voglia. Forse aveva ragione, ma come fare a capire quand'è che avesse voglia? Aveva la sensazione che, se non era lui ad avvicinarsi, toccare, baciare sul collo, sondare il terreno, non l'avrebbero mai fatto. Ora, non voglio dire che il poter comprare il copriwater avrebbe potuto appianare, dentro di lui, nel profondo del suo Freud, la mancanza di sesso, assolutamente no, però almeno avrebbe potuto spuntarla su di lei, almeno una volta. E invece no. Forse è che aveva la testa da un'altra parte e, pur di ributtarla dove credeva fosse giusto rimetterla, stava facendo di tutto, pure creare stupide scaramucce per un copriwater. Sì, era caduto in un vortice. Questo vortice aveva un profumo, un paio di gambe, un paio di labbra, un paio di occhi e un taglio di capelli che di solito gli dava fastidio su una ragazza, ma a lei stava bene. Il fatto è che questo vortice aveva un altro domicilio. Lui cercava di tenersene alla larga, in fondo ci riusciva, ma la sua testa andava per conto suo. In dieci anni, sai quante altre volte gli sarà capitato? Molte, non ha mai creduto fossero troppe. Che a un uomo piaccia una, due, un miliardo di altre donne, non è che fosse una cosa strana. Alzi la mano e butti via questo racconto chi non ha mai pensato di potersele scopare tutte e che, solo perché c'è l'amore di mezzo, un chilometro di insicurezze, buon costume e tanto così di paura a coronamento del tutto, non si muove dal recinto che si è ricamato in tanti anni di progetti, abbracci e orologi rotti. Bella, lo era tanto. Molto bella. Faceva fatica a non rispondere ai suoi messaggi su whatsapp. Non mi interessa, io desidero solo stare serenamente con la mia compagna, si diceva. Eppure, intanto, gli era entrata in testa. Già scalza, a piedi nudi, se ne andava in giro per i suoi neuroni. In fondo, lui, era un uomo normale: né bello, nemmeno dotato di quel fascino che contraddistingue i non belli ma affascinanti, neanche tanto intelligente come voleva far credere, relativamente istruito, poco colto, un pene normale, più largo che lungo. Se stava a rifletterci su, a ben vedere, più che normale, lui era quel che si dice "una persona nella media". Gli piaceva giusto leggere, scrivacchiare qualche fesseria su di un quaderno e bere del vino, di sera, quando fuori fa freddo. Ah sì, era un pervertito sempre in astinenza di sesso. Erano in macchina già da un po'. I palazzi addobbati per Natale, i venditori di caldarroste, il traffico. Mancavano dieci giorni circa alla nascita di Gesù Cristo. Le aveva già preso il regalo. Il disco del suo artista preferito. Si era convinto che fosse un po' poco, per Natale. Pensò sarebbe stato meglio prenderle qualche altra cosa però, in quel preciso momento, era ancora arrabbiato con lei, con se stesso e con quella stronza che stava ancora ballandogli in testa a piedi nudi. Sì, con lei, col vortice intendo, non avrebbe mai potuto costruire niente, nulla di serio o di particolarmente bello come aveva fatto con lei, con la sua donna, intendo. Già, perché, nonostante tutto, checché ne dicano le femministe, lei era di lui così come lui era lei, e lui voleva solo fare l'amore con lei un po' più spesso del solito. Accese la radio. Ancora non si parlavano. C'era traffico, ci avrebbero messo un bel po', prima di arrivare a casa della madre di lei. Avrebbe messo su un disco di Dylan se non fosse accaduto che quello che poi accadde. Un camion, a Berlino, aveva ucciso 9 persone e feritene altre cinquanta. Un attentato. Un altro ancora. Solo qualche ora prima, era stato ammazzato, in Turchia, l'ambasciatore russo. Mise a posto il disco di Dylan. Si misero ad ascoltare. - Cazzo! A lui passò di colpo la rabbia, si rese conto di quanto fosse inutile il suo e qualsiasi altro tipo di capriccio. Si ricordò di nuovo che l'amava e che l'avrebbe amata ancora e ancora. Le prese la mano, gliela strinse. Lei si tolse la cintura, si avvicinò a lui, lo baciò sulla guancia, poi si abbassò tra le sue gambe, gli calò la cerniera dei pantaloni, glielo cacciò fuori dai box e glielo prese in bocca. A ballargli in testa solo, il silenzio e i suoni di un clacson e della fibbia della cintura.
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