"La musica è di tutti, la poesia è in calo".
Amare non è per niente semplice e parlarne è un guaio di parole già dette. E a pochi giorni dalla fine di Sanremo, te ne rendi conto ancora di più. Si è detto tanto, forse non tutto, a volte non proprio bene bene, ma di certo è poco il margine di riscrittura che resta, a cui chiunque - uno scrittore, un poeta, un amanuense, un fotografo - ancora può appigliarsi. La coperta è corta, il cuore ha troppi spazi scoperti ancora. Amore e musica - ma direi l'arte in genere - hanno sceso le scale, un milione di volte, insieme, l'uno sotto al braccio dell'altro. E non perché, semplicemente e retoricamente, uno è la musa dell'altro o perché hanno entrambi a che fare - in qualsiasi prospettiva la si voglia guardare - coi fatti di cuore. Lo strazio è nelle cuciture, negli sfilacciamenti, nei vuoti che immancabilmente si fa fatica a coprire, quando di mezzo ci sono arte e amore. E la cosa divertente è che, se giri la medaglia, sull'altra faccia, c'è il tuo premio. Con gli occhi un po' più concentrati, ce ne accorgeremo molto prima. "è che ho le mie fisime mentali avvolte dietro gli occhi, e il massimo che posso fare è nasconderli a te". Nell'era dei cd invenduti, dei palchi in stile step aerobici, col sali e scendi dell'artista, il tempo di un paio di brani, dell'arrivederci, del mezzo applauso e poi giù un po' di birre che finiscono per pisciarti a caso un po' dove pare a loro; nell'era dei brani inascoltati su Spotify, delle scuole di scritture, delle accademie, dei titoli, del click baiting, della produzione dal basso; nell'era del Vintage, dell'elettronica, del busking, del bel canto, della voce stonata, della voce rauca, del non è tanto diverso da come andava ieri; in quest'era delle pause di riflessione, dei silenzi, amare è l'unico veleno che valga davvero la pena correre il rischio di assumere. Anche a rischio di risultare banali. Anche a rischio di risultare banali col sottolineare che, comunque sia, si è banali. E magari "Non posso non prometterti di proteggerti dal male". Il coraggio ha mille colori, come una libreria con la bocca piena e la pancia ancora affamata. Ha la forma di un divano, di un letto, di un tavolo per due, per tre, per quattro, per dieci. Ha i caratteri di un messaggio di tua madre, il saluto imbarazzato di tuo padre che non ti vede da giorni. È una linea che si piega all'insù, per gli schiamazzi che fa il cuore, il suo. Questo è. Il coraggio è crederci, anche se fragili, anche se coi piedi scalzi, sopra qualche coccio di un piatto che ti è scivolato mentre davi una mano in cucina. "Com'è che va a finire quest'epoca moderna, coi beni di consumo o sotto le lenzuola"? Perché l'uomo ha bisogno dei suoi riti per continuare a rinnovare una promessa. Un post-it, ché le probabilità di perdersi nei labirinti che ci sono là fuori, scesi dal letto, lontani dal tavolo e dal divano, senza le parole di tua madre, il saluto di tuo padre, le routine coi tuoi fratelli, sono tante. A meno che non si lotti per provare ancora a restare normali, non per crogiolarsi nelle proprie sofferenze, ma per riconoscersi, capello per capello, e capire di nuovo cosa si è disposti ancora a fare per quel puzzle cercato, scelto, custodito e difeso. " accetterò un quaderno e poi un caffè sospeso". E va bene così. Buon San Valentino.
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March 2019
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