Ci pensavo in questi giorni. Cioè, qua bisogna stare attenti che alla fine si rischia di fare la fine del coglione. La gente facilmente prende fischi per fiaschi. Potresti per esempio rifiutarti di suonare per pochi spicci - perché credi leda alla tua professionalità fatta di esperienze in tutta Italia, pubblicazioni, live e culi tanti, ma soprattutto perché non copre nemmeno l'accisa sulla benzina - e passi per arrogante. Potresti dire che - in qualità di Presidente della Commissione Antimafia, mica capocomico di Made in Sud ( anche se la persona in questione non sfigurerebbe in un programma comico) - in città e in tutta la regione, la Camorra è un elemento costitutivo delle strutture sociali amministrative politiche, e ti ritrovi sui giornali di tutto il mondo con virgolettati tipo "Presidente della Commissione Antimafia dichiara: Camorra nel Dna dei Napoletani". Ma se ti va di culo ci crede solo mezza città. Un fatto davvero pericoloso questo. Soprattutto nell'era del web, in cui spesso piovono tripudi di opinioni ai quali seguono scambi di smorte pratiche onanistiche, volte a sollazzare il proprio e l'altrui piacere interiore; azione più modernamente definita "Like". Pensa a quello che è successo alla Miss Italia. Cioè, quella ha vinto un concorso per la sua bellezza, mica per l'intelligenza. Ok, ha detto una, due, tre, quattro, un mare di cazzate e, per difendersi, ne ha dette un altro oceano, però è pur sempre una ragazza di 18 anni che avrà passato parte della sua vita sulle passerelle, mica in mezzo a gente intelligente come voi che le date in mano un microfono e state pure a sentirla. Ma la cosa che più mi preoccupa è il post mortem ( e il gioco di parole è servito). Cioè, l'impossibilità di poterti difendere, a meno che tu non sia un fervente credente delle vendette trasversali ectoplasmatiche post mortem. In vita, puoi rispondere a chi ti critica, a chi ha capito un cazzo per un altro. Certo, lo fai con i tuoi modi, con la tua intelligenza, il tuo lessico di male parole, ma lo fai. Pensa al caso di Jacques II de Chabannes de La Palice, maresciallo di Francia alla corte di Carlo VIII dei Valois. Poveretto. Dicevano dicesse tante di quelle stronzate scontate, da coniare un aggettivo costruito etimologicamente sul suo nome: lapalissiana. Ecco alcuni esempi. Fossi alto, non sarei basso. Fossi magro, non avrei la pancia. Fossi intelligente, non starei a fare polemica sulle dichiarazioni di una ragazzina di 18 anni vincitrice di un concorso di bellezza e non delle olimpiadi di Archimede (repetita iuvant), manco fosse l'illegittimo presidente del consiglio o il ministro che ha deciso che non puoi farti le analisi alla prostata, se non strettamente necessario, poco dopo l'estrema unzione. Cose così. "Uà frate' sei proprio strunz, hai detto una cosa proprio lapalissiana". Quante volte l'avrete sentito. Ebbene, il povero Giacomo, maresciallo di Francia, agli ordini di Carlo VIII che non aveva nemmeno compiuto diciotto anni, in servizio per ben quarant'anni, morto sul campo di battaglia nella guerra di Pavia, nel 1525, valoroso condottiero capace di incutere timore al nemico col solo pettinar la fluente chioma, è passato alla storia come un emerito cretino - tanto che pure la moglie lo prendeva per il culo davanti ai suoi soldati - per un semplice errore di traduzione/trascrizione, compiuto forse da uno che passava il tempo sulle piattaforme social dell'epoca, per dire sempre la sua su ogni tipo di discussione. La questione è questa. Si diceva che sulla bara, i suoi soldati, per schernirlo, avessero fatto scrivere: "Ci-gît Monsieur de La Palice. Si il n'était pas mort, il serait encore en vie", ovvero, "Qui giace il signor de La Palice. Se non fosse morto, sarebbe ancora in vita". E invece, a quanto pare, la "s" di "serait", per somiglianza grafica, è stata confusa con la "f", mentre "en" e "vie" era un'unica sola parola "envie". Quindi, la traduzione corretta, messo a posto l'apodosi, la seconda parte del periodo ipotetico, suonerebbe così: "Se non fosse morto, farebbe ancora invidia". Vi rendete conto? Volevano elogiarne la forza, il coraggio, la gloria, destinata ad perpetua rei memoriam per ben altri motivi. Ed invece. Dall'elogio alla presa per il culo, ci passa un traduttore incapace. Questo perché verba volant, scripta manent. Mannaggia la colonna. Magari, Mister La Palice era semplicemente un tipo taciturno, che non amava parlare in pubblico, tantomeno ha mai scambiato quattro chiacchiere con i suoi soldati, prima e dopo la battaglia. Infondeva serenità, ammirazione e coraggio con la sua sola aurea di impavido condottiero. Figuriamoci se si metteva a dire cose lapalissiane. O magari, sì, che ne possiamo sapere noi? Mica c'eravamo. Magari era un burlone, uno che amava i giochi di parole e che, a letto, corteggiava così la sua donna: " Se non hai mal di testa, ti smonto la cintura di castità". Oppure era un lapalissianista convinto e, prima della guerra, ha urlato cose del tipo "Se vi infilano la spada al cuore, potreste rischiare la vita", oppure "Se battete la Juventus, faremo tre punti importanti". Può darsi. Di certo non può dircelo il suo epitaffio. Ad ogni modo, voi state attenti a quello che dite e scrivete. Soprattutto sul web. Va a finire che, fra secoli, tramite l'applicazione "Successe oggi", ricompaia sul vostro profilo un post del 2009, e magari si dirà che l'avete copiata pari pari da un libro di Roberto Saviano, calunnia dalla quale non potrete difendervi, credenze ectoplasmatiche a parte.
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