Ricapitoliamo:
E tu, presidente, cosa fai? Riporto un pensiero di mio fratello Simone: "Hai tutte le telecamere del mondo puntate addosso, avresti potuto dire di tutto: che siamo giovani ma ce la siamo giocata, il ritorno sarà un'altra storia (per onestà: in mezzo a tante boiate, almeno questa cosa l'ha detta), che Insigne, il tanto criticato Insigne, ha fatto un eurogol in Mondo Visione, avresti potuto buttarla sull'esportazione del talento made in Napoli e basta, senza usarlo come paragone per gettare merda sul resto della squadra, che un giovanissimo come Diawara ha dimostrato di avere tanta personalità, che a tratti abbiamo espresso un buon calcio, purtroppo l'inesperienza paga, ma il progetto è questo, in continua crescita, quindi adelante e blablabla, avrebbe potuto perfino recitare una poesia di Pascoli e Carducci e tu che fai? butti merda sull'operato del tuo allenatore"? Non l'hai fatto nemmeno con Benitez quando si imbarcava gol con chiunque; sei andato a pregarlo fino all'ultima aggiornata affinché rinnovasse e ora si mette a criticare Sarri, tirando in ballo Aronica, Grava, Mazzarri: è vero, in quella Champions, al San Paolo ci andò bene col Chelsea ma, al ritorno, a Londra, ne acchiappammo quattro: allora come oggi, inesperienza, inesperienza, inesperienza e di fronte una squadra plurititolata. Punti toccati da te, presidente:
Magari Zielinski, in totale confusione, avrebbe dovuto sostituirlo prima ma va ricordato che anche lo stesso Sarri è alla prima esperienza in Champions. Punti sui giovani, sui talenti puri (mister compreso), consapevole che bisogna dare loro del tempo, e poi, a mezzo stampa, butti fango sul tuo stesso lavoro? Per aver perso in casa del Real Madrid, col Real Madrid? E, ad ogni caso, ma mi pare tautologico, non si fa in pubblico. Siamo di fronte ad un uomo totalitario, megalomane, egocentrico, l'uomo di questo secolo, il Trump della SSCN: ignorante ma presuntuoso, capace di umiliare ogni volta chi gli sta accanto, tifosi, allenatori, dirigenti, giornalisti. Preside', davvero, ci siete o ci fate? P.s. Domanda finale: perché Maradona negli spogliatoi? Perché togliere a Sarri la possibilità di spronare i SUOI giocatori? Quello prima del match è un momento sacro, l'allenatore conosce i punti dolenti dei suoi uomini, sa come prenderli, sa cosa dire.
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"La musica è di tutti, la poesia è in calo".
Amare non è per niente semplice e parlarne è un guaio di parole già dette. E a pochi giorni dalla fine di Sanremo, te ne rendi conto ancora di più. Si è detto tanto, forse non tutto, a volte non proprio bene bene, ma di certo è poco il margine di riscrittura che resta, a cui chiunque - uno scrittore, un poeta, un amanuense, un fotografo - ancora può appigliarsi. La coperta è corta, il cuore ha troppi spazi scoperti ancora. Amore e musica - ma direi l'arte in genere - hanno sceso le scale, un milione di volte, insieme, l'uno sotto al braccio dell'altro. E non perché, semplicemente e retoricamente, uno è la musa dell'altro o perché hanno entrambi a che fare - in qualsiasi prospettiva la si voglia guardare - coi fatti di cuore. Lo strazio è nelle cuciture, negli sfilacciamenti, nei vuoti che immancabilmente si fa fatica a coprire, quando di mezzo ci sono arte e amore. E la cosa divertente è che, se giri la medaglia, sull'altra faccia, c'è il tuo premio. Con gli occhi un po' più concentrati, ce ne accorgeremo molto prima. "è che ho le mie fisime mentali avvolte dietro gli occhi, e il massimo che posso fare è nasconderli a te". Nell'era dei cd invenduti, dei palchi in stile step aerobici, col sali e scendi dell'artista, il tempo di un paio di brani, dell'arrivederci, del mezzo applauso e poi giù un po' di birre che finiscono per pisciarti a caso un po' dove pare a loro; nell'era dei brani inascoltati su Spotify, delle scuole di scritture, delle accademie, dei titoli, del click baiting, della produzione dal basso; nell'era del Vintage, dell'elettronica, del busking, del bel canto, della voce stonata, della voce rauca, del non è tanto diverso da come andava ieri; in quest'era delle pause di riflessione, dei silenzi, amare è l'unico veleno che valga davvero la pena correre il rischio di assumere. Anche a rischio di risultare banali. Anche a rischio di risultare banali col sottolineare che, comunque sia, si è banali. E magari "Non posso non prometterti di proteggerti dal male". Il coraggio ha mille colori, come una libreria con la bocca piena e la pancia ancora affamata. Ha la forma di un divano, di un letto, di un tavolo per due, per tre, per quattro, per dieci. Ha i caratteri di un messaggio di tua madre, il saluto imbarazzato di tuo padre che non ti vede da giorni. È una linea che si piega all'insù, per gli schiamazzi che fa il cuore, il suo. Questo è. Il coraggio è crederci, anche se fragili, anche se coi piedi scalzi, sopra qualche coccio di un piatto che ti è scivolato mentre davi una mano in cucina. "Com'è che va a finire quest'epoca moderna, coi beni di consumo o sotto le lenzuola"? Perché l'uomo ha bisogno dei suoi riti per continuare a rinnovare una promessa. Un post-it, ché le probabilità di perdersi nei labirinti che ci sono là fuori, scesi dal letto, lontani dal tavolo e dal divano, senza le parole di tua madre, il saluto di tuo padre, le routine coi tuoi fratelli, sono tante. A meno che non si lotti per provare ancora a restare normali, non per crogiolarsi nelle proprie sofferenze, ma per riconoscersi, capello per capello, e capire di nuovo cosa si è disposti ancora a fare per quel puzzle cercato, scelto, custodito e difeso. " accetterò un quaderno e poi un caffè sospeso". E va bene così. Buon San Valentino. Napoli fa da sfondo. Anzi, da occhio che osserva, sa, ma tace. Le accarezzerebbe pure le sue creature, potrebbe pure provare ad aiutarle, ma c'è un patto inconscio con loro da rispettare. Come tra Dio e i suoi figli. Ok l'amore incondizionato, va bene la fede, ma c'è pur sempre il libero arbitrio. Che ha da combattere con l'odio, il sangue, la sete di potere, la rabbia, la vendetta, i proiettili che a spararli basta un niente, la convinzione che serva vestirsi da Tony Montana per sentirsi re del mondo. E non solo Napoli, pure Varcaturo e Castelvolturno, "lembi di terra dimenticati da tutti, ma non abbandonati da nessuno", tacciono, senza colpa, sfinite, come "una donna che viene stuprata ogni giorno, dieci volte al giorno". Quella raccontata in "Fore Morra" ( Fanucci Editore) da Diego Di Dio è la "Napoli antica e immortale", la "città implacabile e millenaria, fatta di spacciatori, ladruncoli, venditori ambulanti". Ma la camorra c'entra relativamente. Per la fiction dello scrittore, boss, pali, spacciatori e capuzzielli servono così come servono le storie di gangster per gli sceneggiatori americani. Perché c'è anche tanta pellicola tra le pagine di Fore Morra. Come in qualsiasi thriller che si rispetti, flash back, cliffhanger, interruzioni e riavvolgimenti repentini sono tessuti perfettamente lungo i bordi della trama a cui Alì e Buba, di fatto i protagonisti, si aggrappano per non cadere giù. Ma c'è quel quid in più che fa di Fore Morra un racconto che va oltre al thriller. C'è la vita umana, ci sono i volti, c'è la terra. Diego di Dio ne tesse due di trame. Lentamente, in parallelo, scorrono verso la stessa foce. Il climax è lì, la tensione è alta, ne sei trascinato, fino alla fine. Al punto di incontro ci si arriva attraverso numerosi e sofferenti cambiamenti di Alì: resistere è anche capacità di sapere attraversare la strada ed entrare nella porta di fronte [...] cambiare universo, adottare un altro alfabeto, modificare lo spazio-tempo. Abbandonata, odiata, usata come merce di scambio, questa è parte della storia di Alì, ma pare il destino di Napoli: "cerchi di luce e zone d'ombra senza lampioni, ecco cos'è questa via. Ecco cos'è questa città". Come al solito, mi fermo a due passi dallo spoiler. Molte volte ho letto libri di cui già conoscevo, giù di lì, finale ed intreccio. Il piacere della lettura è anche nel come quella storia viene raccontata: mi riferisco allo stile certo, ma anche a quegli espedienti, gli escamotage, attraverso cui uno scrittore aggira quella che Kafka chiamava compromesso; uno scrittore, qualsiasi, bravo o meno che sia, in fase di scrittura, si troverà sempre di fronte al pericolo di sciogliere l'intreccio con un fiacco compromesso narrativo: un sortilegio magico, un incontro fortuito, lo squillo del telefono, il ritorno imprevisto di un alleato creduto morto. Il talento sta nel non tradire il patto finzionale, col lettore, rendere il tutto credibile. Ecco cosa fa forte un romanzo: trama, stile e verosomiglianza (paradossalmente possibile anche in quei generi, come i Fantasy, in cui la sospensione dell'incredulità è, di fatto, trascendentale, ma questa è una discussione troppo lunga per essere affrontata in questo blog). In Fore Morra, a parer mio, Diego di Dio riesce a tenere in pugno questi tre elementi, aggirando egregiamente il compromesso:
In sintesi: mi è piaciuto tanto e non vedo l'ora di parlarvene con l'autore, Venerdì 17 Febbraio, alle ore 17:30, presso la Libreria Mooks, al Vomero. Diego Di Dio è nato nel 1985. Con un trolley sempre appresso ha vissuto a Procida, Napoli, Roma. Attualmente vive a Formia con la sua compagna, due bimbi e un maltese di nome Bob. Si è laureato in giurisprudenza con la tesi Il mercato dell’editoria, successivamente pubblicata dalla Primiceri Editore. L’anno successivo alla laurea ha frequentato, a Roma, la scuola Oblique per redattori editoriali, mantenendosi nel frattempo con lezioni private e collaborazioni sporadiche con case editrici. Nel 2015 ha fondato l’agenzia letteraria Saper Scrivere, con la quale adesso lavora a tempo pieno. Come scrittore ha pubblicato, con il Giallo Mondadori, i racconti I dodici apostoli, Il canto dei gabbiani (menzione d’onore al Gran Giallo Città di Cattolica) e L’uomo dei cani. Ha vinto, per due volte, il premio Writers Magazine Italia, con i racconti C’è ancora tempo e Il trampolino. Ha vinto, inoltre, il Nero Premio con il racconto Il coltellaio e il premio Mario Casacci (Orme Gialle) con il racconto La signora. Ha pubblicato, con la Delos Digital, i racconti thriller Scala reale e La bambina della pioggia. Risale al 2013 la sua raccolta di racconti noir, È tempo sprecato uccidere i morti, per i tipi della Dunwich Edizioni. Fore morra è il suo primo romanzo. |
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March 2019
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