Merò, mi so fatto i cianchi tanti. Recensione di un libbro che è proprio....vabbè ciao [cit.]23/1/2015 Merò è un insieme di piccoli racconti scritti alla maniera dei suoi post. Belli sono i titoli, belle sono le idee, bella la trilogia dei Nonluoghi che va da pagina 39 a pagina 53. Avevo già letto Zabbaglione e m'era piaciuto assai, poi lo seguo da tempo su Facebook e ho pensato: “Merò, ancora non mi so' letto Merò, devo rimerdiare”. Sono 126 pagine esilaranti, conservate in quelle piccole e tenere edizioni beat della 'Round midnight edizioni, quelle un po' retrò, rilegati con gli anelli metallici. Esteticamente un'idea simpatica, sono contento di averlo in libreria, ma per un fatto pratico, non l'ho trovato proprio comodissimo. Però è che sono io cacazzo, nel senso che i libri già li maltratto di mio, poi se ci sono pure gli anelli, con cui litigo fin dalle scuole medie, quando mi ritrovavo sempre tutti i fogli stracciati nello zainetto, allora il giudizio, quello mio, può essere anche compreso. È vero, hanno inventato pure quei cerotti bianchi proprio per apparare i danni e non perdere gli appunti però, nonostante li usassi, i fogli mi si rompevano di nuovo e quindi bestemmiavo lo stesso. A proposito di bestemmie. L'autore, Luca Fiorentino, in arte AuanaSgheps, è geniale, e per scrivere questa cosa non mi ha pagato nessuno, giuro. Il mio è un blog piccolo piccolo e d'altronde poco considerato, quindi figuratevi. Tra le altre cose, una volta, Aunasgheps mi tirò tutta una pippa-morale perché mi ero permesso di invitarlo maleducamente alla mia pagina e condividergli una mia canzone sul suo profilo, quindi figuriamoci. Però se io sono stato scostumato e anche un po' cafone, lui è bravo per davvero. AuanaSgheps è, secondo la mia opinione ( a cui nessuno importerà, come ho già lasciato intendere pocanzi), una delle maschere/personaggi meglio riuscite/i che abbia mai incontrato sulla carta, foto della Santanché post-botulino a parte. Per maschera/personaggio intendo proprio un'entità letteraria capace di portarsi addosso tutta una serie di caratteristiche, rughe e profili ben definiti. Così come Pantalone ( non dico Pulcinella, che sennò dicono che faccio il solito campanilsmo, uè uè, simm 'e Napule Paisà) è un vecchio vizioso, avaro, conservatore e burbero ( un personaggio simpatico assai, insomma), così AuanaSgheps è simpaticamente volgare, dissacrante, ironico, volutamente sgrammaticato, saggio, figlio di puttana con la parolella sempre pronta. “Secondo me uno sceneggiatore dovrebbe sempre fermarsi a pensare aspè ma il personaggio è lady clotilda che va a trovare il reverendo camden, oppure ciro il riggiolaro in un docu-fiction sull'ascesa e il declino di un boss paradossalmente somigliante a nonno libero” [pagina 50] Qui c'è un po' il programmaartistico del percorsoartistico (leggetevi Merò e capirete la citazione) intrapreso dal Fiorentino. Funari diceva più o meno “ se a uno devi dire che è stronzo non lo puoi chiamare sciocchino, ma lo devi chiama' stronzo”. Bukowski sarebbe stato più o meno d'accordo. Anzi, Bukowski non si sarebbe nemmeno creato lo scrupolo di ragionarvici sopra. C'avrebbe mandati direttamente tutti a fanculo. In Zabbaglione, non a caso, Fiorentino ringrazia “a hendrics, giobbe covatta, bukoski e giggione”. La maschera-Auanasgheps è proprio un misto di questi personaggi qui. Con un groove pazzesco nello stile, comicofilosofeggiante come Covatta, sporcaccione e saggio come Hank e radical trash come Giggione. Lo sfondo è Napoli, la sua provincia, o un posto simile, dove tanti piccoli Aunasgheps maschi e Aunasgheps femmine si incontrano, parlano, per lo più gridano, vestono hogane beige o tute laccate del Baccellona e cercano una ragione in questa esistenza. Ma alla fine popio non la trovano. Certi argomenti non possono che essere affrontati in una certa maniera. Così, la vecchia tiritera sui generi letteraria torna a galla, la materia popolare incontra lo stile popolare e il tutto diventa letteratura. Qualcuno storcerà il naso, lo so, ma non me ne frega. Merò è un egregio lavoro di scrittura, quindi un'opera letteraria. Arrendetevi. Luca Fiorentino ha il merito di aver inventato un personaggio, di avergli dato una lingua, una forma e una coerenza: Auanasgheps è il mezzo attraverso cui può dire tutto quello che gli passa per la testa e il più delle volte sono dei nonsense pieni di significato. Spesso si muove e parla come i pazzi o i bambini. Claudicante, schizzato e ingenuo, parte da un argomento e conclude con un'agnizione che sembra non azzeccarci proprio niente, però poi se ci pensi, sotto sotto, proprio niente non è. Per esempio, leggiti da pagina 66, il capitolo Essi portano il trerrote, secondo me pieno di significato. Leggitelo che non posso stare qui a raccontarti tutto o a fare come gli ammanuensi che copio qualcosa per fare una citazione, così tu te ne approfitti e ti leggi certe cose a gratis. Non posso nemmeno spiegarti tutto. Certe cose devi pure arrivarci un po' da solo. Quindi tu compralo e leggilo, così ne parliamo da vicino. E se non ti è piaciuto, che ti devo dì? Ciao [cit.] p.s. L'unica cosa che mi sento dire allo scrittore Luca Fiorentino è di pensare a un vero e proprio romanzo. Forse ci ha già pensato. Il genio c'è, il personaggio pure, il plot non gli manca e i tempi sono maturi ( si dice così, no?). p.s.2 Tenete tutti d'occhio la 'Round midnight che è una sforna-geni di prima categoria ed è destinata a grandi cose.
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Quasi quasi mi manca il 2014. Cioè, per quanto mi riguarda, va tutto come al solito: niente di nuovo. A casa tutto bene. Scrivo come al solito, sebbene non freghi a nessuno. Suono sempre in giro, dove mi capita, soprattutto per strada e questo è quanto. Tutto normale. Il problema è quando decidi che il tuo io debba per forza di cose lasciarsi trasportare dagli eventi che lo circondano. Sono una persona piena di vizi: fumo, mangio, bevo, ho le mie perversioni e il mio girovita non si nasconde dietro a un dito, proprio non può. E tra i tanti vizi c'è questa cosa che si chiama partecipazione. Che brutta parola. Tanto brutta come quell'altra che fa tipo così: trasporto. Fa un po' rima con asporto, termine preferito dalla mia panza (chiamala scema), ma va be', sto divagando. Insomma, questi giorni sono stati giorni pieni di trasporto. La morte di Pino Daniele ha segnato inevitabilmente quest'inizio a tanta gente. Eppure, il trasporto, la partecipazione di massa, nemmeno ci ha trovati d'accordo. Tutti hanno avuto qualcosa da dire e da ridire. Da Nord a Sud è stato un tripudio di considerazioni. La democrazia permette anche ad un analfabeta come il sottoscritto di dire cose, tante, seppure prive di senso, figuriamoci se non lo permetta ad una selvaggia qualsiasi. Funerale doppio sì, funerale doppio no. Tutto è lecito. Pure la commercializzazione. Tipo santini, maglie celebrative, società sportive ravvedutesi after death e compagnia bella. Magari un tour in tutta Italia del feretro pure non sarebbe male o un giro di campo, ha ironizzato qualcuno. E a proposito di satira e ironia, queste maledette. Il 2015 è il loro anno. Me lo sento. C'è qualcosa nell'aria che me lo fa pensare. 3...2...1... e subito, tarattattà, sono state tirate in ballo e messe al centro di un altro dibattito ai limiti della gentilezza: buongiorno salve, qualcuno ha ordinato del piombo? Prego, si figuri. Non entro nel merito. Non ne capisco niente di satira, delicatezza, rispetto e dispetti, ma nemmeno di kalashnikov e intolleranza. Però basta, davvero: rischierei di fare retorica e a nessuno piace leggere cose dette e ridette, così come a nessuno piace vedere la trinità che s'incula divertendosi. Io una risata però ma la sono fatta, ma può darsi che io sia una cattiva persona, certo. D'altronde, io, non so proprio nulla di questa rivista, lo ammetto. L'ho scoperta dopo la tragedia. Ho letto qualcosa, qualcosina in realtà, ed è comunque troppo poco per transfigurarmi e rinnegare il mio nome e cognome, così, su due piedi. Je suis Francescò Amorusò ed è già tanto complicato, signori miei, credetemi. Però, se la libertà di esprimersi è sacrosanta al punto che tutti si sono messi a far volteggiare in aria matite, manco fossero giavellottisti in una finale paraolimpionica, l'importante è non ironazziare su: 1) i preti pedofili 2) i profeti 3) sul modo di essere di certi (meglio specificarlo) napoletani. Perchè se dici che certi napoletani sono una chiavica, allora sei un sabaudo di merda. Certe cose possiamo dircele soltanto tra noi, sottovoce e lontani dal nemico invasore. E sia chiaro, sono un revisionista, di quelli che s'appiccica con tutti gli Juventini perché Napule è mammà. Però stop, basta con questi campanilismi. Adesso parlo come appartenente, mio malgrado o per fortuna, al popolo italiano. Siamo in continuo aggiornamento noi, ma installiamo solo virus. Tipo ti liberi ( più o meno) di un Silvio e sputi in faccia a un Umberto? Niente paura: eccovi due Matteoni tenerissimi da prenderli a morsi. Due bambini pronti a decollare. Arriva un bastimento carico carico di... Siamo un popolo illuminato noi. Guardiamo la Francia dal buco della serratura e siamo convinti di aver visto il mondo. Come quei film zozzi in cui Alvaro Vitali guarda la Edwige Fenech di turno attraverso l'occhiello sporco di pittura. Distruzione e distrazione di massa, questo è. Quando una vocale ti viene in aiuto per il più becero tra i giochi di parole. Tra la censura made in italy e la Santanché, che minaccia di pubblicare in Italia Charlie Hebdo, ci sono i festeggiamenti e i sospiri di sollievo della morte dei due presunti terroristi. Tutto ciò, mentre in Nigeria le vittime sono duemila, ma chi ne parla? Nessuno, in pochi almeno. E tra quei pochi, in quanti sono davvero indignati da non limitarsi a scrivere un post su facebook? Je suis désolé. Poi, mentre scrivi, scopri che oggi è morto pure Francesco Rosi. Riposi in pace. Come l'ho scoperto? Grazie al centinaio di RIP che mi sono trovato in bacheca. È una grandissima perdita, ma nessuno si metterà in piazza a recitare in coro e a memoria i suoi film(s). Che poi, sì, ok, ma a 92 anni, come si dice?, ci metterei la firma. Sono indelicato? Può darsi. Sono proprio una brutta persona. D'altronde, sono solo i primi dieci giorni del 2015 e già non vedo l'ora che arrivi il 2016. O al massimo, cliccate su rewind e facciamo come se non fosse successo nulla. Solitamente, quando scrivo qualcosa per il blog, faccio prima su un programma di scrittura, poi revisiono aggiustando gli errori non la forma, copia&incollo e infine pubblico. Cerco di tenere il tutto quanto è più sincero e diretto, e se capita la fella, pazienza. Anche quella è verità. Insomma, per farla breve, non c'è tanto editing, ma c'è. A scuola dicevamo la brutta e la bella copia. Ora sto facendo una cosa mai fatta prima: sto scrivendo di getto direttamente qui sopra. Mi sono sentito come quando morì mio zio tre anni fa. Forse perché, fisicamente, mio zio mi ha sempre ricordato Pino Daniele. Tra l'altro, l'orario è anche più o meno lo stesso. 2 e 30 più o meno: chissà com'è che non riesco a prendere sonno. Non è semplice insonnia, ma una specie di arteteca. Nel letto, dal cellulare, inizio a leggere tutta una serie di è vera la notizia su Pino? Mi si blocca il respiro. Scendo dal letto, devo farmi una camomilla, ma tremo tanto che non riesco nemmeno a tenere il pentolino in mano. Mi cago anche un po' sotto. Non è normale tremare così tanto. Sapete, sono un po' tanto ipocondriaco. Alla fine vomito pure, un po' per terra, un po' nel cesso. Alla fine mi aiuta mia madre a farmi la camomilla. L'ho dovuta chiamare che pensavo di svenire. Continuo a tremare. Piano piano leggo le conferme, ma in tv, nessuno ne parla. Mi aggrappo a questa speranza. Riguardo il cellulare e le conferme si fanno sempre più crudeli e la home si riempie di canzoni e citazioni. Pino è morto. Non c'è niente da fare. Pino Daniele l'ho conosciuto, più che altro vissuto, da lontano, come in un sogno. Sono dell '88 e quel clima, quell'emotività, quell'energia, quel motivo di sentirsi orgoglioso di essere fortemente napoletano, li ho avuti sparati addosso in differita. Persi pure la possibilità di vederlo a P.zza del Plebiscito quando suonò con Santana, qualche anno fa. Avevo la compagnia, i tempi e i modi, ma anche una capa di merda. E comunque resta lì, fermo, nella storia. Disponibile per tutti. Un motore di ricerca, un titolo e ti trovi pure le tablature. Che sfaccimma. I primi accordi, i primi riff che ho imparato sono i suoi. Con questo, non voglio dire che è stato il motivo per cui ho iniziato a fare quel che faccio. Cioè, forse, inconsciamente, sì, ma sarebbe troppo forzato. Però, Pino Daniele significa soprattuto la prima bestemmia, perché non mi veniva il riff iniziale di Je so Pazze, i primi calli alle dita e i primi dolori per fare il barré su A me me piace 'o blues. E sono volgare e so che nella vita suonerò risuona come un monito, una morale, un obbligo. Pino Daniele l'ho conosciuto, più che altro vissuto, da lontano, come in un sogno. Già, ma perché ci sto così male? Perché il caffè mi sale amaro al cervello? Perché non ho genio di fare niente? Perché questa tristezza? Perché 'sta musciaria? Perché non mi sveglio dal sonno? Perché non riesco a dormire? Quando penso a Pino Daniele, lo penso lì, con la superband, sudato, con la camicia a fiori larga sui fianchi, al massimo con Lucio Dalla a cantare Caruso. E sono immagini sempre viste da lontano, da un computer, senza il brivido di migliaia di voci felici all'unisono che s'aggrappano alla schiena. Pino Daniele resta fermo nella storia, dentro la storia. Come quando vedo i film di Troisi e proprio non riesco a credere che sia morto. Per te, per me, per tutti, Massimo è ancora oggi lo stesso di Ricomincio da tre, per esempio. Magro, alto, insicuro e spavaldo dietro ai suoi ricci. Pino Daniele resta immortale, non lo capite? Io tengo una collera che non riesco a parlare senza piangere e voi siete in grado di accapigliarvi per un corpo che non può mandarvi più a fare in culo... Vi appiccicate per la morte, per la polvere, per il simbolo, per un senso d'appartenenza che vi esce all'improvviso sempre nei momenti meno opportuni. Ma perché? Pino Daniele non era il Pulcinella di nessuno. Ha avuto il merito e le palle di essere Napoletano, senza dover fare il Napoletano. Ha avuto le palle di dirvi che Napoli è sì un sole, ma amaro, come il vostro chiacchiericcio ingrato. Lasciate che la famiglia possa avere il modo, il tempo, il luogo per portargli un fiore quando può. Noi abbiamo le canzoni, i suoi anni trascorsi a parlare di noi, del suo popolo. Mettete un suo disco, Youtube, prendete la chitarra, suonate, chiudete gli occhi e non ci scassate il cazzo. Pino è morto. Invece no. |
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