Solitamente, quando scrivo qualcosa per il blog, faccio prima su un programma di scrittura, poi revisiono aggiustando gli errori non la forma, copia&incollo e infine pubblico. Cerco di tenere il tutto quanto è più sincero e diretto, e se capita la fella, pazienza. Anche quella è verità. Insomma, per farla breve, non c'è tanto editing, ma c'è. A scuola dicevamo la brutta e la bella copia. Ora sto facendo una cosa mai fatta prima: sto scrivendo di getto direttamente qui sopra. Mi sono sentito come quando morì mio zio tre anni fa. Forse perché, fisicamente, mio zio mi ha sempre ricordato Pino Daniele. Tra l'altro, l'orario è anche più o meno lo stesso. 2 e 30 più o meno: chissà com'è che non riesco a prendere sonno. Non è semplice insonnia, ma una specie di arteteca. Nel letto, dal cellulare, inizio a leggere tutta una serie di è vera la notizia su Pino? Mi si blocca il respiro. Scendo dal letto, devo farmi una camomilla, ma tremo tanto che non riesco nemmeno a tenere il pentolino in mano. Mi cago anche un po' sotto. Non è normale tremare così tanto. Sapete, sono un po' tanto ipocondriaco. Alla fine vomito pure, un po' per terra, un po' nel cesso. Alla fine mi aiuta mia madre a farmi la camomilla. L'ho dovuta chiamare che pensavo di svenire. Continuo a tremare. Piano piano leggo le conferme, ma in tv, nessuno ne parla. Mi aggrappo a questa speranza. Riguardo il cellulare e le conferme si fanno sempre più crudeli e la home si riempie di canzoni e citazioni. Pino è morto. Non c'è niente da fare. Pino Daniele l'ho conosciuto, più che altro vissuto, da lontano, come in un sogno. Sono dell '88 e quel clima, quell'emotività, quell'energia, quel motivo di sentirsi orgoglioso di essere fortemente napoletano, li ho avuti sparati addosso in differita. Persi pure la possibilità di vederlo a P.zza del Plebiscito quando suonò con Santana, qualche anno fa. Avevo la compagnia, i tempi e i modi, ma anche una capa di merda. E comunque resta lì, fermo, nella storia. Disponibile per tutti. Un motore di ricerca, un titolo e ti trovi pure le tablature. Che sfaccimma. I primi accordi, i primi riff che ho imparato sono i suoi. Con questo, non voglio dire che è stato il motivo per cui ho iniziato a fare quel che faccio. Cioè, forse, inconsciamente, sì, ma sarebbe troppo forzato. Però, Pino Daniele significa soprattuto la prima bestemmia, perché non mi veniva il riff iniziale di Je so Pazze, i primi calli alle dita e i primi dolori per fare il barré su A me me piace 'o blues. E sono volgare e so che nella vita suonerò risuona come un monito, una morale, un obbligo. Pino Daniele l'ho conosciuto, più che altro vissuto, da lontano, come in un sogno. Già, ma perché ci sto così male? Perché il caffè mi sale amaro al cervello? Perché non ho genio di fare niente? Perché questa tristezza? Perché 'sta musciaria? Perché non mi sveglio dal sonno? Perché non riesco a dormire? Quando penso a Pino Daniele, lo penso lì, con la superband, sudato, con la camicia a fiori larga sui fianchi, al massimo con Lucio Dalla a cantare Caruso. E sono immagini sempre viste da lontano, da un computer, senza il brivido di migliaia di voci felici all'unisono che s'aggrappano alla schiena. Pino Daniele resta fermo nella storia, dentro la storia. Come quando vedo i film di Troisi e proprio non riesco a credere che sia morto. Per te, per me, per tutti, Massimo è ancora oggi lo stesso di Ricomincio da tre, per esempio. Magro, alto, insicuro e spavaldo dietro ai suoi ricci. Pino Daniele resta immortale, non lo capite? Io tengo una collera che non riesco a parlare senza piangere e voi siete in grado di accapigliarvi per un corpo che non può mandarvi più a fare in culo... Vi appiccicate per la morte, per la polvere, per il simbolo, per un senso d'appartenenza che vi esce all'improvviso sempre nei momenti meno opportuni. Ma perché? Pino Daniele non era il Pulcinella di nessuno. Ha avuto il merito e le palle di essere Napoletano, senza dover fare il Napoletano. Ha avuto le palle di dirvi che Napoli è sì un sole, ma amaro, come il vostro chiacchiericcio ingrato. Lasciate che la famiglia possa avere il modo, il tempo, il luogo per portargli un fiore quando può. Noi abbiamo le canzoni, i suoi anni trascorsi a parlare di noi, del suo popolo. Mettete un suo disco, Youtube, prendete la chitarra, suonate, chiudete gli occhi e non ci scassate il cazzo. Pino è morto. Invece no.
1 Comment
Domenico
11/11/2015 14:57:05
Si Gruoss!!!
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