Scherzo, non è vero.
Adoro Andrea Tartaglia e sono contento che una canzone così bella e così ben fatta sia riuscita a raggiungere una così grande popolarità ( i dotti direbbero mainstream): anzi, probabilmente, Range Fellon' è finalmente l'esempio di come sia possibile fare della letteratura musicata, ironica, intelligente, impegnata, coinvolgente, simpaticamente casinista, napoletana, senza dover per forza rimettere a lucido la vecchia scatola di latta con dentro il sole, la sfogliatella, pulcinella, la pizza, il mare e il mandolino. Essere napoletano senza dover fare il napoletano. Range Fellon, contenuta esclusivamente nel concept-album-reunion "Capitan Capitone" di Daniele Sepe, ha permesso a molti di scoprire il talento di Andrea Tartaglia che in "Per Errore", con gli Aneuro, dimostra di essere tanta tanta roba. Come sempre, mi limito a parlare dello stile delle parole, dei racconti, del lato narrativo della faccenda musicale che, come sempre, è la parte che più sento di poter essere in grado di recensire. In Andrea, con fluida ispirazione (come direbbero i critici fighettoni), la scrittura è un continuo fondere l'italiano al dialetto, italianizzando l'uno, dialettalizzando l'altro, senza però cadere nelle apocopi e nelle rime più scontate e banali. Se in Range Fellone storpia goliardicamente francese e spagnolo lasciando che, in maniera quasi freudiana, spuntino fuori dai geni stesso del dialetto, la mia sensazione è che, in "Per Errore", piuttosto che rischiare di cadere nel banale (come purtroppo capita a molti cantanti che preferiscono comunicare in dialetto), Andrea scelga con cura le parole più idonee per impreziosire una musicalità che parte dalle parole stesse: ironiche e profonde allo stesso tempo, zompettando a destra e sinistra tra cantato e rap, tra rap e recitato, le parole sono il primo suono su cui i cori, gli arrangiamenti, i musicisti si distendono per completare l'atmosfera di ogni singolo brano. La playlist è eterogenea per argomenti e per atmosfere: "So Vivo" ha un zen appeal che ti acchiappa nella gola e ti fa venire voglia di gridare "So Vivo", ignudo, con tutte le sconcerie da fuori, in mezzo piazza Municipio, correndo verso il porto, per fare un tuffo a cufaniello; le fantastiche allitterazioni mitragliate in "Nebbia" sparano con pacifica violenza contro le paure, quel fastidioso strato di nebbia che si poggia sugli occhi che frena le azioni, inibisce e ti blocca: quasi in continuo ideologico con la prima track, Andrea torna a ricordarci che siamo vivi e non semplici macchine - piuttosto, siamo delle incredibili fonti di miracoli; simpaticissimo l'ironico rap "O' Fierr - rap delle casalinghe"; istrionicamente rude e 'cattivo' in "Ceccis", E potrei continuare così circumnavigando l'intero disco per ore e ore, ma vi annoierei. Il discorso però è questo: ascoltatelo bene, non fermatevi alle parole, scavate in profondità, cercate la skizzophrenia nascosta dietro e in mezzo ai suoni. Andrea Tartaglia, per concludere, insieme a Tommaso Primo, di cui ho già parlato qualche mesetto fa, è per me - linguisticamente e cioè nell'uso della lingua napoletana, nel renderlo nuovo, vivo e comunque legato alla tradizione - uno degli esempi più belli, originali e per questo interessanti del panorama napoletano contemporaneo.
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March 2019
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