Vediamo un po'. I cavi ci sono. Il microfono pure. Asta, leggio, ok. Devo comprare le pile per lo street cube, ma ho giusto i soldi per la metropolitana. Va bè, in teoria dovrebbero reggere almeno un paio d'ore. Il tempo di apparare 4-5 euro e vado a comprarle. Sìsì. Faccio così. La valigia pesa. C'è uno scatolo di dischi. Ne porto sempre più del dovuto. Mi illudo sempre di venderne una ventina al giorno. Ok, i pupazzi, le maschere. C'è tutto. Aspè.. i testi... dove stanno? Se ho difficoltà a memorizzare le mie canzoni, figuriamoci quelle degli altri. Mi servono, per forza. Ok, ci sono. Solito repertorio: qualche canzone del disco, il gallo canterino, barbara, il motivetto, l'incantatore, Laika, poi qualche inedito nuovo e qua e là, De Gregori, Bennato, Gino Paoli, Pino Daniele, Malafemmina, Jeeg robo d'acciaio, perché ai bambini di 40 anni piace, e pure a me. Un po' di tutto. Giusto per resistere un altro po'. Lo so che prima o poi dovrò dire basta. Arriverà il giorno in cui mi cascherà addosso un fottio di responsabilità che dove lo trovi il tempo di suonare? Già. Intanto resisto. Resisto per me, per sto fuoco di sfaccima che dentro continua a bruciare manco ci fosse qualcuno con la carbonella a fare le carcioffole arrostute, tutti i giorni, pure ora, sullo stomaco, vicino al cuore. A volte, il fumo arriva alla gola, crea un ingorgo del cazzo con tanto di vigili con la paletta, e sale fino agli occhi. Basta farci l'abitudine, pulirseli con un fazzoletto, e nessuno si accorge di nulla. Resistere. Perchè non ne puoi fare a meno. E quindi corri, afferri la metro, entri, con la chitarra, la valigiona piena di giochi e vai, senza mai fermarti, con la faccia tosta, con la voglia, con la gola che ti brucia di sonno, ma che – porca puttana – già sta cantando: “Buongiorno a tutti voi che siate ascoltatori dello stereo...” Ok, la prima è andata. A terra la custodia è aperta. Qualcuno si ferma, butta un euro. Iniziamo a riscaldarci. Mi giro verso Mirko, il sassofonista, bravo, buono, sorridente. - Che vuoi suonare? - Decidi tu, per me va bene qualsiasi cosa. Via Scarlatti è umida, come sempre in questi periodi freschi. I palazzi alti alti nascondono il sole, e te ne accorgi dal fatto che, piegandoti, ti esce un po' di culo da fuori e quindi l'umidità ti entra da lì e sale fin dietro le spalle. Hai voglia a coprirti. Ti si è pure asciugato il sudore addosso: esci dalla metro, trascinati la valigia, la chitarra, trova il posto giusto per suonare, monta tutto: come fai a non sudare? Lo senti nei muchi della gola, tutto il freddo. Andiamo con Rimmel che ho la voce ancora rauca. A Mirko non piace, ma solitamente le persone apprezzano. “ e qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure...” Oggi è tosta. La gente va di fretta. Speriamo le pile reggano ancora un po'. Facciamo Malafemmena. Piano piano, con voce baritonale. La tonalità mi va giusto giusto addosso, ma va bene così. Mi piace di più. Una signora si ferma, chiama il marito, gli fa sentire quello che stiamo facendo. Finita la canzone, ci dà dieci euro. Mi sento bene. Non è un fatto di soldi, sia chiaro. È vero che senza soldi non si cantano messe, e che servono per tenere accesa quella fiamma, la carbonella, i carciofi, ma più che altro, di questi tempi, chi ti dà dieci euro - per un disco o per come hai cantato una semplice canzone - sta riponendo in te la sua fiducia. Tu la senti tutta dentro, la fiducia, e ti rilassi. I nervi si distendono, la voce comincia a schiarirsi un po', il caffè che ci ha offerto una signora inizia a circolare. - Mirko, facciamo il gallo? - Va bene. “Piacere sono Oreste...” Si avvicinano i bambini che costringono i genitori a fermarsi. Intorno c'è un po' di gente. Qualcuna si è seduta sulla panchina di fronte. Si sta godendo tutto lo spettacolo. Canta con noi e va bene, fa bene, anche se – lo so – dopo si alzerà e andrà via senza contribuire. Fa niente. - Quanto costa il disco? Non so mai come rispondere. Provo sempre imbarazzo. Il disco costa dieci euro. Servono per rientrare con le spese e per dare un giusto valore ad un qualcosa per cui ti sei fatto il mazzo così. Non dovrei avere paure, ma la mastico sempre tra i denti, la risposta: - ndiegi euro. Qualcuno lo prende, qualcuno fa la faccia scandalizzata e fugge via a bordo delle sue Hogan. Facciamo una pausa. Guardiamo nella custodia, ci facciamo due conti. Possono capitare giornate in cui ti porti a casa giusto i soldi della metro e del caffè, ma è qui che bisogna farsi forza. E poi il bello di suonare per strada è che hai la possibilità di incontrare gente strana, pazza, bella, innamorata, brutta, che corre, cade, ride, ti regala un uovo di pasqua, ti offre il caffè, ti racconta di quando da giovane studiava il pianoforte e avrebbe continuato a farlo se non fosse stato per. Chi avrebbe voluto ma non ha potuto ti incoraggia ad andare avanti e a non mollare. Perchè, a loro, nessuno li ha spronati a non arrendersi. Prendi contatti, giochi coi bambini, parli con altri artisti di strada. Gente brava sul serio, libera da ogni impalcatura sociale, che se ne fotte della tv e del successo. Che ne sanno quelli dei talent? Riprendiamo a suonare. “ Non mi date sempre ragione, io lo so sono un errore, nella vita voglio vivere almeno un giorno da leone...”. Viene bene. Mirko al Sax è una garanzia e sul riff ci va forte e deciso. A volte cerchiamo di capire quale canzone tiri di più rispetto all'altra, ma non puoi fare una chissà quale indagine. La strada ti dimostra che è tutto relativo, che le mode sono una cazzata inventata dalle multinazionali a mo di canali di scolo, per dirigere la loro merda. La massa è ancora un miscuglio eterogeneo di cervelli, per fortuna. Per fare un esempio, il più delle volte, con Brigante se more quasi ci arricchiamo, ma di recente a stento ci ascoltano. È così tutto labile, tutto sul filo della relatività, che l'unica cosa che conta è la musica, fare, cantare, metterci tutto quello che hai. Sembra tutto così mieloso quello che scrivo, di una retorica disarmante, che provo imbarazzo pure a pensarle, ma è solo la sfaccimma della realtà. Non sto raccontando nulla di nuovo. Non c'è bisogno di credermi, sapete già che è così che vanno le cose. No? Così passa la giornata. Così è stare per strada. Più o meno. È da Settembre che ho iniziato. Ho ancora da imparare. Ne so ancora troppo poco. Intanto sto bene, anche senza palchi, senza tour nei locali e groupie che si stracciano i capelli per me.
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March 2019
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