C'era una volta. La fiaba, anzi no, una favola, anzi un po' l'una e un po' l'altra di Casaperpochi.6/1/2016 C'era una volta una fiaba, anzi no, una favola, anzi un po' l'una e un po' l'altra. In questa fiaba, anzi no, una favola, anzi un po' l'una e un po' l'altra, c'erano orchi, principi, orsi, lupi, conigli, piecori, cavolfiori transformer, carote rosse e broccoli marroni parlanti. Il posto in cui tutto ciò fioriva, pasceva e schiattava si chiamava Casaperpochi, una contrada del sottobosco a Nord di un Regno che dicevano fosse magico, ma quasi nessuno ci ha creduto mai. Dicevo, c'era una volta una fiaba, anzi no una favola, ma per fare prima la chiameremo fiabola, perché è un po' l'una e un po' l'altra. In questa fiabola, viveva una bambina che proprio non ne voleva sapere di crescere. La bambina si chiamava Fiammina, ma tutti preferivano chiamarla col nomignolo Petrosinella, sia perché Flammina era un nome troppo brutto per pronunciarlo ogni dì, ma anche perché aveva l'abitudine di stare sempre in mezzo ad ogni discussione, come il petrosino in ogni minestra. Per esempio: le donne parlavano del principe e delle sue corteggiatrici? ecco che Petrosinella si intrufolava nella discussione, dicendo la sua. I grandi discutevano del sistema tattico più idoneo tramite cui il battaglione azzurro avrebbe potuto sconfiggere i nemici dalle granate vesti? Ebbene, Petrosinella aveva da ridire sullo schieramento, i condottieri scesi in campo e sulla tenuta del manto erboso. Insomma, era una scassambrella di prima categoria. Avevano provato a non farla interferire, chiudendo portoni, porte e portoncini, ma lei, piccola piccola, riusciva sempre a passare attraverso ogni intercapedine, ogni fessura, ogni bucherello, spesso a cavallo di topi neri neri come la pece. Il padre, un brav'uomo ma un pochino fesso, un po' per risolvere la situazione dei topi, senza uccidere anche la figlia che, spesso, si divertiva in mezzo a loro, un po' perché era preoccupato del fatto che non crescesse neanche di un pollice, un po' per interrompere le sue intromissioni ad libitum nelle discussioni dei grandi, iniziò a tirarla per i capelli e per i piedi sperando che si allungasse. Questo sistema gliel'aveva insegnato una vecchiaccia che, al mercato ortofrutticolo di Casafinita, se ne andava in giro, chissà perché, col culo da fuori, a raccontare metodi omeopatici e affini per curare le defezioni del corpo e dell'anima. La vecchia era brutta come uno scarafaggio, come il cesso pubblico in cui ci ha appena cacato un elefante incantato e infestato dalla dissenteria, brutta come un brufolo incallitosi nel naso accatarrato, brutta come la bocca verde di un orco unto e bisunto, brutta come la zozzimma delle orecchie di un porco. Eppure, il padre ebbe il coraggio di tenere alto lo sguardo, di guardala in faccia e, ascoltandola, annuendo, si convinse che, quella da lei consigliata, fosse l'unica soluzione umanamente possibile. Ci fu chi provò a dissuaderlo, ma si sa, l'ignoranza è una bestia più brutta di qualsiasi orco malefico puzzolente scorreggione che vota Forza Oscura, alle elezioni per la salita al trono del Re Pesciolone. Ad ogni modo, messa su un torchio, il padre fesso iniziò a girare la manovella. La bambina iniziò a gridare come una vacca sgozzata lentamente con un temperino svizzero, e le ossa cominciarono a scricchiolare, i tendini a sfilacciarsi, i capelli a strapparsi. Petrosinella gridava bestemmie, lanciava preghiere, spruzzava lacrime amare, chiedeva, quasi ululando, perché il padre le facesse un torto così grande, cosa avesse fatto di male. Lei che era sempre stata una brava bambina, che aveva sempre aiutato in casa, proprio lei, che aveva sempre mangiato poco per mettere da parte il cibo e far crescere, con le mollichelle, la sorella malata di un'amica che viveva in una fattoria abbandonata di Casaperpochi. Il padre non poté sentire la storia commovente raccontata da Petrosinella, a causa del rumore del torchio e, anzi, continuava lentamente a girare la manovella, pensando che la moglie, buon anima, pace all'anima sua, morta sotto un albero parlante che si addormentò proprio su di lei, sarebbe stata contenta di lui e del suo arguto ingegno. Dopo un po', la bambina non riuscì più a sostenere le grida e l'anima sua, per dimenticare il suono abominevole del torchio e del dolore, andò a farsi un giro fuori dalle sue carnicciuole belle. Il padre, accortosi finalmente, di cosa aveva combinato, imprecò contro la vecchiaccia del mercato, e iniziò a piangere, disperandosi per ciò che aveva fatto alla sua Petrosinella. Fortunatamente, per caso, o per provvidenza, lì intorno si trovarono a passare tre vecchiette che avevano sentito tutta la storia gridata dalla sventurata Petrosinella e, commosse che quasi quasi gli occhi scappavano via dalle loro vetrinelle belle, tanto erano state oleate dalla tristezza, con una fatagione, un sortilegio, un tocco di furbizia, fecero rientrare l'anima scostumatella nel corpo della figlia che riprese colore e, sorridendo, corse verso il padre, abbracciandoselo tutto. Così, felici e contenti, se ne tornarono alla vita di tutti i giorni, dimostrando che è vero quel detto che dice: dio dà il pane a chi non ha i denti.
1 Comment
Domenico Tafuri
6/1/2016 22:58:02
Bravo!!!...continua cosi'...la vita è una BELLISSIMA FAVOLA...da raccontare. :)
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