Ero in macchina, fermo ad un semaforo, quando ho iniziato a pensare a un fatto che poi avrei trascritto in questo pezzo – perché è così che uno usa definire quello che posta, che sia un articolo, un racconto, un'opinione: un pezzo. Non si capisce pezzo di cosa, però è un pezzo. Quindi, se non dovesse piacervi, è perchè le idee migliori le ho pensate in macchina, e ora son belle e dimenticate, da un pezzo. Insomma, guidavo e mi è venuta in mente, non so perché, una giornata passata in chiesa. Più precisamente, il ricordo è andato a una giornata di catechismo. Che avevo, dieci anni? Non lo so, ricordo che ero piccolo, ovviamente. Mi fu detto che andavo istruito, prima di poter prendere il sacramento della prima comunione. Si dice così, no? Sacramento. Ora, chi mi conosce, chi sente i miei pezzi – e in questo caso parliamo di canzoni, altrimenti non avrei utilizzato il verbo sentire, quindi una questione d'ascolto e non di feeling – sa benissimo che sono un po' - mica tanto – anticlericale. Non posso farci niente, ma a me la Chiesa mette ansia. Sono credente, eh, a modo mio, ma credente, nel senso che, a modo mio, credo che un essere invisibile, intangibile, senza odori, senza macchie e senza peccati, sia da qualche parte nascosto in ogni dove, e ascolti quello che gli dico di notte, sotto le coperte, nel pieno delle mie più assordanti crisi mistiche. Mi piace credere che la Chiesa debba essere un luogo aperto, non dico mentalmente, ma già architettonicamente non sarebbe male. O al massimo luminosissimo, con gente che canta cose allegre, pure un pezzo di Pupo, ma non a trebbea – in italiano: triste -, che dopo manco mezz'ora vorresti uscire fuori a cantare gelato al cioccolato sul sagrato, con i bonchetti e la maglia di Bob Marley a mo di bandana sulla fronte. Un luogo in cui c'è sempre qualcosa o qualcuno che ti ricorda le angosce dell'esistenza tutta, il dolore, la morte, con questi dipinti di gente scommata – in italiano rotta/sporca - di sangue qua e là, non ti fa amare Dio e nemmeno temere. Il bene verso il prossimo deve essere fatto in allegria. A volte, la religione mi sembra come quella moglie scassa cazzo che ti ricorda che devi rispettarla, amarla, onorarla, piegare i calzini e metterli nei cassetti, passare l'aspirapolvere e compagnia bella, perché, in passato, quando ancora non esistevano facebook, la pizza di Michele e i sandali ( ma il profumo al sandalo sì), lei, la mogliettina perfetta, ti ha stirato le camicie, cucinato e, in una notte di passione sconfinata, dopo quattro litri di sangria, si è lasciata deflorare le parti intime più impensabili. E tutto per TE! E tu che fai? Non ricambi il suo sconfinato amore per te? Certo che sì. E soprattutto, per non sentirtela in loop nelle orecchie, fai sempre sì con la testa, ti amo, ti adoro, sia fatta la tua volontà, e le pieghi i calzini. Questo debito che pesa come un macigno, messoci addosso sulla schiena, prima ancora di nascere, come il debito pubblico, con ancora il cordone ombellicale in faccia, prima ancora di pronunciarla la parola pe-cca-to, mi mette ansia. Come mi mette ansia quell'alzarsi e poi il sedersi tutti insieme. E poi, ancora non ho fatto niente, e già mi fai sentire in colpa. Però, tutte queste cose qui non sono sicuro di averle pensate anche quando ero piccolo e dovevo accingermi alla prima comunione, che significava ( e ancora oggi significa) collanine, bracciali e anelli d'oro che, un giorno lontanto, in tempi di crisi, si possono squagliare o rivendere al miglior Compro Oro per agguantare qualcosa di soldi. Che poi, questi Compro Oro chi li apre? Chi è che ha a disposizione tali quantità di moneta? Alla fine, fai la comunione per arricchire la camorra, dicono. Ed io amo ascoltare quel che dice la gente. La gente ha sempre ragione. Ho pensato anche questo, seduto in macchina, al semaforo. Insomma, ero seduto in mezzo ad altri bambini e il tizio che ci faceva il corso di catechesi parlava delle bugie. Non ricordo quale parabola portò ad esempio, però il succo era che le bugie non si possono dire, altrimenti ti vengono le gambe corte e il naso lungo di Pinocchio, in definitiva ti digievolvi in un transformer alto come Brunetta e col profilo excalibur stile Luxuria. (Livello battute su Brunetta: superato facilmente. Pure perché è curto hihiihi!) Ero d'accordo, annuivo, eh sì, le bugie sono un qualcosa di schifoso. Poi, a un certo punto, il catechista ci ha dato da leggere delle cose ad alta voce, uno alla volta. Quando toccò a me, finito di leggere, mi fecero tutti i complimenti: ma come leggi bene, come sei espressivo, cose così. Rimasi contento perché, a scuola, dopotutto, non sono mai stato un fulmine di guerra, e quindi potete ben capire gli effetti che ebbero su di me quei complimenti. E' da piccolo che stagno nella mediocrità. Al liceo, il sei lo risicavo in quasi tutte le materie, tranne storia italiano e filosfia ( 8 al liceo) e matematica e fisica ( 4, quando mi andava bene). Mentre scrivo, una inzupposissima medeleine, prodotta da Banderas nel Mulino Bianco, e che sa di epifania e roba vecchia inzaccherata di polvere, mi casca nel caffè e - che te lo dico a fare - mi viene in mente, staccatasi dal gruppo ben nascosto dei ricordi da dimenticare, una delle tante figure di merda che ho fatto in vita mia. Negli anni, sono sempre stato dapprima un bambino, poi un ragazzo e ora un uomo onesto. Per farvi capire, non ho mai copiato un compito e ho sempre accettato a testa alta i miei inesorabili quattro. Mi consegnavo alla gogna, conservando tutta la mia dignità di ciuccio. Ad un sei rubato, ho sempre preferito il mio sudatissimo quattro. Tu dirai: i professori mica premiano l'onestà, e c'hai ragione - per questo, questo è un paese di merda, e comunque era un fatto di coscienza: Io su 'ste cose davvero non ci dormo la notte. E comunque, sono talmente acciortato (in italiano: sfortunato), di quelli nati non solo senza la camicia, ma anche senza la maglia della salute, che se pure volessi imbrogliare, verrei acchiappato sul fatto. Quando sto a dieta – per farvi capire – vengo sempre visto nell'unico momento in cui mi sto facendo una sfaccimma di fetta biscottata con la marmellata. Così, è inevitabile portare la nominata dell'inconcludente: staj sempe a mangià. Insomma, per fare un altro esempio, se stessi pittando un cancello di rosso, e avessi le mani sporche di rosso e antirugine, e all'improvviso mi cadesse in braccio, dal terzo piano, un cristo qualsiasi che ha tentato il suicidio, state certi che in quel momento passarebbe la volante e, vedendo il corpo smorto e le mani sporche di rosso, nonostante il pennello in mano, mi ritroverei quanto meno a fare una notte a Pugiuriale. Capita l'antifona? Un appestato di sfortuna di prima classe. Vi dicevo dell'epifania: Ricordo che la maestra, alle elementari, pure lei ci faceva leggere ad alta voce, come al catechismo, ma da posto e poi, a lettura conclusa, ci diceva il voto che avevamo meritato e che avremmo dovuto trascrivere sul libro. Da soli. Cioè, ti rendi conto? ci dava fiducia, la maestra. Già questa è una grande puttanta. Com'è che queste vecchie sono convinte che i bambini siano tutti buoni e onesti? Non hanno ancora capito che certi sono di una cazzimma, olte che di una furbizia, unica. Ho visto fanciulli dal viso delicato capaci di creare piccoli campi di concentramento in pochi minuti e seviziare, con una cattiveria che Hitler ne avrebbe avuto paura, tutti quelli con l'apparecchio e gli occhiali. Bambini di questo tipo - che da grande sarebbero diventati o giornalisti ( meglio critici d'arte disposti a scrivere articoli positivi solo ai cumparielli loro) o camorristi, che è un po' la stessa cosa - possono mai tornare a casa e dire mamma, papà, ho preso C-- e me lo sono pure scritto da solo sul libro, guarda guarda...? Ad ogni modo, io ero proprio un pesce pigliato con la botta, uno onesto fin da piccolo, e quindi mi segnavo sempre il voto che meritavo sul libro – o meglio, il sussidiario, quel fantastico testo in cui vi erano esposte tutte le sette arti: antologia, storia, musica, scienze, filosofia, matematica teologia, alchimia, analisi 1, 2 e 3, linguistica generale applicata, tutte rigorosamente contrassegnate da un colore: musica era blu, storia rosso, geografia verde, scienze blu e nero, ma per alcuni bianco ed oro, linguistica generale applicata marrone merda. Non prendevo bei voti, però alla B- ci arrivavo sempre. Non è così male B-: te lo scrivevi quasi con orgoglio sul sussidiario. ( Eh sì, tutelo il mio diritto alla mediocrità, fin da piccolo. Prometto che quando diventerò padre, a mio figlio, il giorno in cui si presenterà a casa con una B-, ma anche una C+, non solo lo riempirò di complimenti, ma lo porterò pure a mangiarsi lo zucchero filato una volta a settimana, per almeno due anni, finché non richiude l'Edenlandia. Diventerà obeso, forse, ma almeno avrà un padre buono e consapevole che i voti sono solo una formalità del cazzo). Una volta però, c'è da ammetterlo, lessi male, ma tanto male, che Umberto Bossi interruppe la lezione per chiedermi il permesso di soggiorno. C--, disse la maestra. Ci rimasi troppo di merda. Certo, me l'ero meritata, però che cazzo avrei raccontato a casa? Avrei mai potuto dire a mia mamma che avevo letto peggio del figlio di Bossi? Le avrei dato troppo un dispiacere, quindi imbrogliai. L'idea mi passò nella testa in un baleno e, veloce, senza stare lì a rimuginarci, invece di una C-- mi scrissi sulla paginetta una bella A. Voi direte: e va be', pure tu, che non sai imbrogliare nemmeno, e c'avete ragione, però pensai che se proprio dovevo fare fesso tutti, la maestra, dio, mamma e papà, me stesso, dovevo farlo in grande. Ovviamente, neanche a farlo a posta, fui beccato dalla mia compagna di banco, tale Esposito Carmela, che tutti noi - non ho mai capito perché - chiamavamo Melania, la quale disse ( ricordo ancora le parole): “ Sesé, A, ma allora sei proprio scemo”? Lei, d'altronde, più furba di me, dopo aver scritto una B tonda tonda, sul suo bel sussidiario bellissimo, resasi conto solo in seguito che quel voto le avrebbe rovinato la perfettissima media di sole A che aveva, la modificò in un otto. Insomma, non sono stato mai un fanatico dell'imbroglio, anche perché non ci riuscirei proprio per una questione di inclinazioni e in ogni caso, come ho già detto, con la ciorta ( sfortuna) che mi ritrovo, verrei beccato sul fatto. In tutto ciò - me ne sono appena ricordato! -, prima che mi cadesse la medeleine nel caffè, allungando di parecchio questo pezzo, stavamo seduti al chiuso di quattro mure, fredde, umide, di una retrostruttura della chiesa. Avevo da poco finito di leggere e adesso toccava ad una bambina che sedeva giusto di fronte a me. Non sapeva leggere e a suggerirle ogni parola fu un'altra amichetta di fianco. Alla fine tutti le fecero i complimenti per come aveva letto, ed io andai su tutte le furie. Ma comm'è? Cioè stiamo parlando di bugie, che non si possono dire, altrimenti si va a fare compagnia a Lucifero, Giuda, e Napoleone degli Alberti nel nono cerchio dell'inferno, e mo quella cessa si prendeva dei complimenti a gratis, senza aver letto sul serio, pensai. In quel momento, per la prima volta, conobbi tutto insieme: ingiustizia, falsità, ipocrisia e la bestemmia, e capii che non avrei dovuto incazzarmi se su facebook, un giorno, avessi visto leccaculo e venditori di merda scambiarsi occhiolini e strizzate di pacca a vicenda. Se è tutto normale, che ti incazzi a fare? Ma non mi stetti zitto, è chiaro. L'indole da super eroe alla tutela dell'onestà, granitica in me fin da piccolo, sarebbe dovuta emergere con tutta la forza e l'innocenza di cui ero in possesso, e infatti, con voce sottile da bambino qual ero, dissi più o meno una cosa così: Maestro, ma in questo mondo non sta imbrogliando e sta dicendo una bugia? Ero nel giusto, perciò potente e inattaccabile, e quindi lo stronzo avrebbe dovuto difendere la mia osservazione. Fu in quel momento che conobbi altre due cose: a) quanto pesa una figura di merda; b) la disabilità. Mi fu detto che la bambina non riusciva a leggere bene, a causa di alcuni disturbi motori. Per questo l'amichetta la stava aiutando. Ora, non ricordo bene che malattia avesse, e in ogni caso, all'epoca, non avrei nemmeno capito. Ricordo però che mi feci ancora più piccolo di quello che ero. Che figura di merda. Ma più di ogni altra cosa, ricordo l'ansia che mi salì addosso. Avrei voluto abbracciarla a quella bambina, anche se non avevo chiaro ancora il concetto di disabilità. Capii che era diversa e che io le avevo puntato il dito contro, mettendola, forse, in imbarazzo davanti agli altri. Non lo so. Uno nasce e non può fare le mie stesse cose. Oppure per tutta la vita ha fatto tutto ciò che può fare una persona normodotata e all'improvviso, un brutto giorno, non può farle più. Mi è venuta in mente questa cosa, questo ricordo, che stavo guidando, anzi ero fermo al semaforo. Quante cose si possono pensare mentre guidi, mentre sei fermo al semaforo, o mentre scrivi. Così, all'improvviso. A volte, quello che pensi è tutto un mare di cazzate. Però, questo ricordo, forse la prima figura di merda di tutta la mia vita, comunque costellata da spettacolari chiazze diversamente odorose, mi ha dato un pensiero, una riflessione, mi ha fatto ricordare a tutte le salite e alle discese dal marciapiede solitamente ostruite da macchine, motorini, elefanti del circo Orfei, Snorlax, che pare che stai giocando a Pokemon sul Gambeboy. Sanpietrini sbilenchi, marciapiedi selvaggiamente preda di tavolini, sedie, insegne e cameriere col perizoma in bella vista, motivo per cui il caffè lo paghi 1 euro in più rispetto a quando lo prendi al banco (la pornografia costa, miei cari). Falsi invalidi, come vado in bestia con i falsi invalidi. E quelli che si prendono il posto dei disabili? Vuoi il mio posto? Prenditi il mio handicap. Già Sempre perché sono onesto, spesso e volentieri giro ore e ore e ancora ore alla ricerca di un posto. Non mi permetto di metterla in quello dei disabili, tantomeno di barricare una discesa, vitale per chi si muove sulla carrozzella. Mi faccio lo scrupolo di coscienza, sapete. Sono fatto così. Solo una volta, però, e ve lo giuro su chi volete voi, solo una volta, mi sono permesso di metterla lì, a blocco di una discesa. Dovevo dare un esame. Era una giornata infernale: pioveva a dirotto e ormai da giorni, la metropolitana non partiva, non so che scusa mi fu data, s'era fatto tardi, fui costretto a scendere a Napoli ( sono un pendolare cafone della provincia) con la macchina, due ore di traffico, avevo già fatto tardi, già avevano fatto l'appello da un pezzo, non trovavo parcheggio. Poi vidi un buco. Non ci riflettei due volte, la misi lì e pensai, tra me e me, semmai pago la multa. Tanto il mondo è giusto, il cosmo equilibrerà le cose, Dio capirà il motivo per cui ho fatto questa bravata, mi perdonerà, lo so, lo so, però troverà il giusto contrappasso pecuniario per estirpare le mie colpe. E lo spero, sì, lo spero. Pagherò la contravvenzione, è giusto, giuro che la pagherò, però adesso fatemi fare quest'esame, e tu, mio caro disabile, ti prego, perdonami tu, che del perdono di Dio non me ne faccio molto. Ho bisogno di sapere che sia tu a non odiarmi. Perdonami, te ne prego. Non è colpa mia, è colpa di Napoli, dei mezzi, della metropolitana che si blocca ad ogni cuollo di cazzo ( in italiano: ad ogni stronzata), di questa pioggia di sfaccimma, sì, di questa pioggia di sfaccimma, dell'esame, della paura di non farcela, devo per forza farlo, devo laurearmi sennò chi lo sente a papà, della competitività, della società arrivista, occidentale e capitalista - 22/9/1991 - del traffico, di questa strada che non regge a un paio di giorni di pioggia. Se non potrai scendere dal marciapiede, se hai dovuto zigzagare tra le macchine, per poter attraversare la strada, sì, non è colpa mia, non è colpa mia. Però perdonami lo stesso, anche se non è colpa mia, perdonami, ti prego, e poi convincilo tu il vigile a mettere la multa, è giusto che paghi, devo pagare, c'è da pagare, non c'è giustificazione alcuna al mio attentato alla tua viabilità, alla tua necessità di sentirti uguale agli altri, senza che uno stronzo ti vieti di passare. La pagherò la multa, qualsiasi cifra, la pagherò. Quando tornai alla macchina, dopo l'esame, la multa non c'era. Bestemmiai, certo che bestemmiai. Mi hanno tolto il mio sacrosantissimo diritto di potermi espiare le colpe. Tornai a casa sporco, pieno di rimorsi e di dove sono i miei calzini, dove li ho piegati, dov'è il mio sussidiario, il semaforo è verde, bussano da un quarto d'ora, ho fatto tardi, devo andare, e che cazzo bussi? ho capito, che sfaccimma.
1 Comment
Patty!
2/3/2015 10:00:40
Franceeeeee sei il mio ❤ idolooooo!!
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