L'hanno già fatta in tanti una lettera pubblica al presidente della Repubblica. Gaber l'ha fatta cantando. Un mio carissimo amico la fece al Papa, dal suo blog. Ebbene, nell'era del social-omologazione, perché non farla pure io. Cosa voglio chiedergli? Scusa, leggi qua sotto, no? Egregio Presidente Sergio Mattarella, innanzitutto LE chiedo scusa se la formula del saluto non è proprio il massimo. Non scrivo una lettera dalle scuole medie, quindi, mi perdoni se la struttura non è quella canonica. Ma, per come stiamo combinati, oggi come oggi, badare ancora alla forma, significa appigliarsi volutamente alle futilità, e noi, cioè, LEI, non è tipo da appigliarsi al futile. Andiamo al sodo. LE scrivo questa lettera perché, fondamentalmente, non ho niente da fare. Potrei uscire per trovarmi un lavoro, signor Presidente, e qualcuno LE darebbe pure ragione ma, vede, sono andato a cercarmelo ieri, e l'altro ieri, e pure tre giorni fa e, oggi, sono di festa, perché me la merito pure una bella giornata di nullafacenza, dopo tutto questo vagabondare, o no? Anche perché la benzina costa. Quindi, le scrivo questa lettera ma, in realtà, non so bene cosa chiederle perché, fondamentalmente, ho la sensazione che a lei non importi che un ragazzo, da un paese in provincia di Napoli, possa chiederLE qualcosa. Perchè poi dovrebbe? Potrei mettermi qui a raccontarle dei problemi che abbiamo (dei roghi tossici, della criminalità organizzata, dei giovani che provano a fare del bene nel proprio territorio ma che poi vengono minacciati dalla Camorra e quindi sono costretti a rinunciare, visto l'assenza dello stato, visto la SUA assenza, della scuola che scuola più non è, del lavoro che manca, della sanità e tutta un'altra serie di cose simili che ascolto e conosco ormai da anni e che ormai è diventato solo un blàblà multiforme per le piazze e per le birre alle due di notte, comprate con i soldi della pensione del nonno e riempite con una fontana di bestemmie), ma ho la sensazione che LEI, egregio Presidente, di tutte queste cose, ne è già al corrente. Voglio dire, LEI è il presidente della Repubblica Italiana, e vuoi che il Presidente della Repubblica Italiana non sappia che la Repubblica Italiana, di cui Lei è Presidente, stia un poco poco 'nguaiatella1? Ma sì, è così, Lei sa tutto, Lei conosce. E so pure - perché me ne rendo conto, perché glielo leggo negli occhi che è una brava persona – che LEI vorrebbe aiutarci, ma proprio non può. Sì sì, è così, deve essere così. E quindi, mi scusi se Le sto recando disturbo, se ho provato a farLe venire un po' di senso di colpa. È che avevo bisogno di parlare con qualcuno. Mamma mi ha sempre detto di farmela con chi è meglio di me e, poi, che bisogna sempre chiedere aiuto. Se Dio non mi ascolta, se il mio cane non può rispondermi ( anche perché un cane non ce l'ho), se intorno nessuno sente, nessuno vede e nessuno parla, ecco che mi rivolgo a Lei, almeno per dar sfogo a questo herpes. Però, forse, certe cose è meglio che me le tenga per me. Vede, è difficile parlare pubblicamente delle proprie esigenze. Faccio musica, Presidente, scrivo libri, Presidente, e nel frattempo suono pure per strada per accocchiare2 qualcosa di soldi. Ho studiato e ho intenzione di studiare ancora perché, vede, la Sua generazione di uomini e politici e corrotti, ci ha convinto che studiare è l'unico modo per migliorarsi e, vede, io ne ho fatto un baluardo talmente imprescindibile nella mia coscienza, che non potrei fare altrimenti. Pure se c'è da pelare le patate e lavare i sanitari, Presidente. Perchè, in fondo, è vero il fatto che, se uno nasce tondo, non è che può infilarsi le camicie slim. E no, Presidé, mi entrano strette già dalle spalle. A proposito, Presidé, dove compra le camicie Lei? No, perchè con questa moda dilagante dell'uomo secco secco, non so proprio più dove andare. Ad ogni modo, questo è il paese in cui ci sono pochi diritti, e quei pochi diritti che ci sono li stiamo piano piano scamazzando. E questo è pure il paese in cui le rivoluzioni si sono modernizzate, eggià. Ormai si fanno comodamente a casa, al di qua di una tastiera, con una lattina di the alla pesca, mentre i brogli si fanno ancora, alla maniera tradizionale, nei seggi elettorali, in parlamento, a cena in un bel ristorante con le cameriere escort. Alla vecchia maniera, insomma. Poi, se un paese, distante chilometri e chilometri di oceano, dà dei diritti che noi nemmeno immaginiamo, qui si festeggia come se fossero tutti pronti per andarci in quel paese. Come se non ci fosse qualcuno a prenderli ad anfibi in faccia. Egregio Mattarella, come se lo spiega lei? Io penso che è un po' come guardare un film porno, masturbarsi in eterno ma senza trovare mai l'orgasmo, in un'infinita posticipazione dell'eiaculazione. E per quanto tu possa sforzarti di immaginare di essere proprio tu quello che si fa la tizia su youporn, fondamentalmente, no, mi dispiace, ma non lo sei. Oh, ma mi scusi, Presidente, Lei ha una certa età e, probabilmente, questi discorsi Le staranno dando un po' fastidio. Sono abituato a quell'altro, al Cavaliere. Forse, lui, la metafora l'avrebbe colta a volo. A volte, mi manca. Ma no, no, torniamo a noi, mio Emerito Presidente. Comunue, io sto scrivendo, Presidè, sono arrivato a tre cartelle, ma mi sono fatto già una mia idea, senza che nemmeno lei mi risponda, Presidè. Cioè, parliamoci chiaro, se fossi in Lei, manderei tutti a fare in culo e me ne andrei proprio su una bella isola deserta, con le donnine mezze nude a sciosciarmi le foglie di albero di cocco in faccia. Cioè, perché dovrebbe importarsene di tutto quello che ci capita intorno? Ormai è vecchio, ha pochi anni ancora di vita, e vorrà pure godersela, credo. Si mette a perdere il tempo dietro ai problemi d'Italia? Si mette a perdere il tempo dietro a questa mia lettera? Si mette a perdere il tempo per me? Macchè. Insomma, io Le sto scrivendo questa cosa, e già mi sento scoraggiato, perché, in fondo, a Lei non frega niente di me, e a me non frega nemmeno poi così tanto di Lei. O meglio, potrei mai dirle che il paese di cui Lei è Presidente della Repubblica, fa schifo, ma schifo schifo schifo? Non si fa, è cattiva educazione. È come andare a casa di qualcuno e criticarne le pareti, la disposizione dei mobili, la cucina dell'Ikea, la libreria con pochi libri, l'ordine, i sanitari sporchi, il balcone claustrofobico, le finestre chiuse. No, non si fa. Da piccolo, i miei genitori, mi hanno insegnato ad essere educato sempre, pure quando il cibo alle feste dei miei compagni di classe faceva pena e rimanevo a digiuno, perché le patatine erano sereticcie3 e la cocacola era sfiatata. E fa niente se poi, di questa casa, io e Lei, siamo coinquilini. E fa niente se poi, tra me e Lei, chi fa da padrone di casa, in questo stupido e retorico gioco delle parti, è Lei, mio Presidente. Eppure, davvero mi farebbe piacere prendere un caffè con Lei, a metterci a parlare di libri, di musica, Le racconterei che ci sono delle associazioni che coprono le Vostre mancanze, sì, Presidè, pure le Sue, e che magari si fanno il culo così e poi sono pure costrette a nascondersi, a chiudere, a tirare i remi in barca, perché qualcuno li minaccia, sì Presidé, li minaccia. Ma ho già accennato a questa cosa poco sopra, Presidé, ma il fatto è che non ho proprio nulla da dirle. Più che altro, venga qua, venga a vedere com'è che stanno le cose quaggiù, venga a farsi due tre settimane, venga a viverci, e non come faceva quell'altro che ci veniva solo per prendersi il caffè al Gambrinus e a farsi le fotografie da Sorbillo. E nemmeno come ha fatto il Papa, sgommando sulla bella Papamobile, come un supereroe della MarvelDisney. Si immagini: io e Lei seduti ad un bar di Villaricca, a chiacchierare del più e del meno, del fatto che Douglas Adams è stato un fottuto genio e che le canzoni di Jovanotti fanno cagare quasi tutte. Nel mio sogno, Presideé, Lei si oppone dicendo che fanno cagare proprio tutte. Sarebbe bello, Presidè. Però, oh, il caffè lo offro io. Mica mi perdo per così poco. Sono pur sempre un signore. In fede Francesco Amoruso 1Appena appena rovinata. 2Metter su 3Secche, raffermo, vecchio.
3 Comments
Patty
27/6/2015 06:32:33
Se uno nasce bello, bello rimane. Nonostante lo schifo. A volte proprio per contrapposizione allo schifo. Un bacio.
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vincenzo de martino
27/6/2015 08:24:49
Bellissima la metafora della sega e di youporn AHAHAHA, purtroppo è azzeccata alla situazione.
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nello romagnuolo
27/6/2015 08:34:31
Molto bella ★
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