Ladies & gentleman, signore e signori, bambini scassa cazzo e giovanotte grassocce con gli occhiali 'nzevati della vostra pelle unta, cinesi e koreani, russi e statunitensi in vacanza a Bacoli, orsi polari dal Dna pulito dalla Camorra, tanto pulito che vi state facendo pelle, pelle e ossa, solo brividi e polvere indossa, amanti del caffè decaffeinato e delle donne senza tette, cantautori e scribacchini, sono lieto di annunciarvi che BUKOWSKI NON È MORTO. Già già. Quel vecchio sporcaccione, che ha passato gli ultimi anni della sua vita a ingozzarsi di drink analcolici e a scrivere forse il suo romanzo più bello, “Pulp! Una storia del XX secolo”, ha deciso che vuole continuare a romperci le scatole con le sue donne, le sue scazzottate e il suo alito che sa di vomito. E menomale. Ma andiamo con calma e chiariamo le cose, altrimenti mi andate in confusione; e avreste pure ragione, tuttavia voi scusatemi se sono un blogghista, recensista, scrittorista, pennivendolista da due soldi. “Bukowski non è morto” è un libro, un bel libro, scritto dal mio caro fratello Francesco Spiedo. Francesco è un amico, di quelli che se non lo vedi per troppo tempo, dici “oh, ma che fine hai fatto? sei proprio una mappina, prendiamoci un caffè”, e poi passa tanto di quel che tempo che dopo un po' torni a fare “oh, ma che fine hai fatto? sei proprio una mappina, prendiamoci un caffè”, e così in un loop senza sosta fino a quando il caffè non va in estinzione e tu sei costretto a cercare un'altra scusa per provare a vedersi. Ma com'è che ho conosciuto Spiedo? Lo so che potrebbe non fregarvene, però serve a me per farvi capire quanta forza bisogna metterci nelle proprie idee, per dire al mondo "scusa, non per disturbare, ma ci sarei anche io". Ero su Facebook che cazzeggiavo quando, sulla home, mi comparve il video di un pazzo che, alla Feltrinelli, s'era messo con sto cartello addosso “Bukowski non è morto”, alla ricerca di adepti, per lo più pii finanziatori, per la realizzazione del suo lavoro, tramite quello che viene comunemente chiamato “Fundraising” o “ Crowfunding”. Non so bene la distinzione e se ve le andate a trovare voi su Google è meglio. Ad ogni modo, essendo io molto sensibile ai pazzi, ai coraggiosi, in sintesi, a tutti quelli che hanno il coraggio di scendere in strada, farsi il culo a tarallo, urlare le proprie idee, che sia con una chitarra o un cartello attaccato al collo, ho pensato, tra me e me, fammi vedere che cazzo è sto Bukowski non è morto. Ebbene, ho leggiucchiato un po' l'introduzione e sprazzi di romanzo ( perché dalla piattaforma del Fundraising, a ragione, non è possibile leggere più del giusto assaggio, per stuzzicare l'appetito), e così mi sono incuriosito ancora di più, ho contribuito al progetto, ho comprato il libro, l’ho letto tutto ed è così che sono diventato un groupie innamorato dello Spiedo style. Devo aggiungere, per onestà personale, che a fare da calamita, per le mie curiosità di avido lettore, è stato anche l’argomento: Bukowski. Chi mi conosce sa che mi sono laureato proprio con una tesi dal titolo “La scrittura che esplode dal basso. Bukowski, l’America e i suoi ubriaconi”, lavoro con cui, tra le altre cose, ho cercato di rivalutare la figura dello scrittore, troppo spesso considerato uno scrittore di Serie B. Un semplice sporcaccione, ubriacone e blàblablà dicono i suoi detrattori, ma non voglio stare qua a parlarvene, facendovi la casa piena di chiacchiere, proprio ora. Piuttosto, se vi va, se proprio volete, leggetevi quello che ho scritto nella tesi cliccando qui ( si scaricherà il file che potrete poi leggere con calma). Quello che ci interessa è la storia di Spiedo. Un giorno, tra un esame e l’altro all’università, tra una presentazione e l’altra del suo primo romanzo, “Neoprene”, a Spiedo viene l’idea di un romanzo che, facendo leva sul culto americano per i complotti - secondo cui Jackson, Elvis e Marilyn Monroe stanno giocando a scala quaranta su di un'isola deserta - desse nuovi natali a Charles Bukowski. A dargli lo spunto, forse, anche la bella introduzione della Viciani a Pulp! Storia del XX secolo, nell’edizione della Feltrinelli. Dovete sapere che Chinaski, oltre ad essere la maschera più caratteristica della commedia bukowskiana, è soprattutto l’alter ego dello scrittore americano. Chinaski è il cittadino medio che porta in giro, nelle sue tasche vuote, sul suo volto sofferente, tutte le angosce dell'uomo moderno disadattato, quasi apolide, incapace di trovare un punto di riferimento, incapace di adattarsi a degli schemi che, no, non riesce proprio a fare suoi. Ebbene - tagliando corto che qui dobbiamo parlare di Spiedo - in Pulp! Storia del XX secolo, scompare, dando spazio ad un nuovo protagonista: "Lo scrittore utilizza questo artifizio per rendere Chinaski immortale, Belane morirà, Chinaski mai", dice appunto la Viciani. E così, cari miei, torna in vita il nostro Bukowski. Bene bene. E cos'è che fa Francesco Spiedo? Ricostruisce i vizi, il sarcasmo, la tragedia di un uomo intelligente, arguto, romantico ma egomaniaco, perennemente in lotta con il cosmo e con se stesso; clicca su rewind e ripercorre la sua timeline, dalla pubblicazione del primo romanzo ( Post Office) all'incontro con quella che sarà il suo ultimo angelo custode, Linda; rimette in piedi i vicoli, scopre le lenzuola, riempie tutte le bottiglie. Ma attenzione, Spiedo non si limita solo a questo. - Non pensarci, non pensare a quelle pagine. Lascia perdere. Scrivere non è una questione di impegno, non è questione di parole incollate: scrivere e ritmo, un po' come ballare. Tu sai ballare? ( Tratto da "Bukowski non è morto"). Ora, non so se Spiedo sa ballare, e nemmeno me ne frega, ma quello che mi interessa dirvi è che Spiedo sa scrivere e che è riuscito a far rivivere il soul bukowskiano, nello stile così come nel plot, senza mai scimmiottarlo, un po’ come Mikie Rourke che, nel film “Barfly”, dovendo interpretare Henry Chinaski, non si limita a "prendere spunto" dal vissuto e dal modo biascicato di parlare di Bukowski, ma ci mette del proprio, ci mette l'anima. E infatti, in questo romanzo, di Francesco Spiedo, ne troverete tanta di anima. C'è la sua storia, c'è il suo coraggio di affondare nella carne e nell'anima e nella psiche di una società che non riesce più a ridere, né a farsi un bel pianto, di quelli che dopo vuoi farti due tre quattro birre una dietro l'altra, non per il gusto di bere, ma semplicemente per il gusto di capire fin dov'è che si è ancora vivi, e da dove è possibile rinascere. E basta. Ora dovete solo contattare lo scrittore per capire dove, quando e come potete leggere il suo romanzo. Potete fidarvi di me e, nel caso in cui doveste pensare che vi ho rifilato il pacco, potete sempre venire qui e riempirmi di male parole. In realtà, avrei da dirvi anche tante altre cose ( come il fatto che ho trovato molto interessante la scelta di dividere il romanzo di due parti: Born to be Ernest e The importance to be Hank, quasi dei piccoli indizi per i lettori più attenti) ma, come al solito, ho la fottuta paura di spoilerarvi tutta la trama ed io posso essere un pessimo recensista, posso non piacervi come cantautore, posso farvi cagare come scrittore, ma di una cosa sono certo: Non sono uno stronzo. Buona lettura
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