Non mi interessano gare di solidarietà verso nessuno. Siamo seri: è uno sport, un gioco. Avrei vergogna, oggi, in quest'epoca, coi problemi che realmente abbiamo, a mettermi in questi lungaggini patetiche. A rendermi partecipe in questo volo pindarico generalizzante che ci fa passare dagli attentati di ieri a un JesuisHiguain di oggi con un colpo di reni. Parliamo pur sempre di uomini che in questo mondo ci vivono, lo conoscono e ci mangiano. Intelligenti pauca. Il discorso è un altro: che proprio perché è un gioco, mi hanno fatto venire il latte alle ginocchia tropo presto. Ne ho sempre fatto una malattia, perché adoro proprio il gioco ai limiti del fanatismo da nerd: l'album delle figurine, imparare a memoria la formazione della Lazio di Cragnotti, o la Roma dello scudetto, elencare, durante le feste di compleanno alle scuole medie - mentre le donne iniziavano ad impomatarsi e a capire quanto fosse importante tutto il loro apparato riproduttore - tutti i bidoni del Napoli: da Prunier a Bordi, e poteva durare tutta la compilation Hit Manda Dance. La formazione tipo degli anni '90: Buffon; Cafù Cannavaro Nesta Roberto Carlos; Zidane Veron Davids; Totti Shevchenko Ronaldo. E avevi fuori gente come Batistuta, Baggio, Del Piero, Thuram, Owen, Raul, Morientes, Casillas, Kahn, Stam, Cordoba, J. Zanetti... Le partitelle erano una riproduzione sportiva, in erbetta sintetica, modalità calcio a 5, raramente a 8, di Avatar: ognuno col suo numero di maglia, emulavamo, ovviamente nei limiti reali di una riproduzione per niente fedele, i nostri campioni. Poi c'era sempre il famoso figlio di Maradona, quello che non la passava mai a nessuno, scartava tutti e a porta vuota sbagliava. L'odore del campo sintetico, prenotato di fretta e furia dall'amico più voglioso di giocare, la bottiglina d'acqua, chi perde paga il campo, ok, dai, la pizzetta al bar, va be', facciamo chi perde si prende gli sfottò, quante reti hai fatto?, uà ti sei divorato quel gol, esci purtié, facciamo il tocco per chi va in porta, raga', perdonatemi, ma senza occhiali non vi vedo. Va be', cose che accadono ancora oggi. Perché poi, sì, poi c'è il tifo vero e proprio, che va oltre alla mera passione sportiva: il grassone che canta sugli spalti che ne sa dello sport? Io ne ho fatto sempre un fatto di appartenenza, anche se il presidente della società è Romano, il capitano e Slovacco e l'idolo della tifoseria - di ieri e di oggi - è un Argentino. Nei tempi adulti, per un periodo, ho messo da parte il tifo per dedicarmi ad altro: a me, alla scrittura, alla musica e durante tutta la fase di registrazione del disco - per farvi capire - ho perso praticamente un campionato intero. Avevo approfittato per disintossicarmene. Poi però ci sono ricaduto, come quando provi a toglierti il vizio della sigaretta e intorno a te c'è gente che fuma in continuazione. Per carità, non voglio fare piagnistei, ma rendiamoci conto che il calcio, come qualsiasi cosa che esiste sulla faccia della terra - figuriamoci in Italia - è lo specchio della società in cui si vive. Dove girano soldi, ci sono gli interessi, i poteri forti. Chiaro no? Semplice? Ma non da oggi, ovviamente, non dal fallo di Bonucci non sanzionato con ammonizione. No, assolutamente. Da sempre. Vedi in casa FIFA, per esempio. Senza voler contare i cori, la violenza e la frustrazione di alcuni: per ora, lasciamoli fuori dal giro, quelli lì. Solo che, alla mia età, c'è sempre voglia di illudersi, di credere che alla fine della corsa, della pedalata, della salita - continuo? - della maratona, c'è qualcuno pronto a premiarti, a dirti bravo hai vinto con merito, il mondo è pulito, e tiè eccoti una borsa piena di soldi, diamanti e barrette di cioccolato dimagranti, fanne quello che vuoi, te lo sei meritato. Si è ancora inclini a credere alle fiabe, al fatto che non sono i soldi, le scommesse, i poteri, gli interessi, le percentuali, i pesi e le misure su misura, le trivelle a muoverei i crani delle persone. Macché. Un rigore mancato, un goal non dato, un fuorigioco non visto, interi campionati mossi, falsati, a discapito dei tifosi, a discapito di chi immette - a torto o a ragione, fate voi - tutto se stesso in un gioco, in una maglia, in dei valori che, sì ripeto, ok, potrebbero essere esagerati, ma sono pur sempre veri e onesti. Nemmeno i tifosi di quelli lì, sì, quelli non a colori, meriterebbero tutto questo. Queste falsificazioni nuocciono alle passioni, al calcio, e trasforma tutto in fanatismo. Già, ho il latte alle ginocchia, mi è salito il vomito e ho pure la nausea. Colpa delle sigarette dicono, a no, io ho smesso. Complimenti a me. Sono riuscito a smettere con le sigarette, sarà mica difficile smetterla col calcio?
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