Scritto così, sembra uno di quei titoli ammonitori in cui, gli scrittori del basso medioevo o dell'epoca latina, non avendo altro da fare, ché la chiesa aveva iniziato a dir loro che masturbarsi e fare sesso era peccato, si mettevano ad inveire contro le donne e contro i loro trucchi dell'ars della seduzione. Assolutamente, non è questo il mio intento, ché - per i motivi di cui sopra - ho da tempo acquistato il mio posticino all'inferno, tuttavia mi viene sempre in mente quella barzelletta sporca che mi ha raccontato un mio caro amico, qualche anno fa. << In pratica, un giovanotto non di bellissimo aspetto e, probabilmente, turbato nella mente da tutta una serie di consce ed inconsce insicurezze, in discoteca ( proprio nel regno dei figoni figli di papà palestrati lampadati e tutta una serie di altri cliché che potrete voi stessi inanellare in serie e a vostro piacimento, con la vostra immaginazione, sui nostri anti-eroi), contro ogni tipo di pronostico dei tabloid inglesi, riesce ad acchiappare una femminona esagerata. Bionda, capelli lunghi sensualissimi, occhi verdi sensualissimi, ciglia lunghissime sensualissime, labbra carnose sensualissime, gambe sinuose sensualissime, strette in un paio di calze sensualissime, dita lunghe, affusolate, con un unghie smaltate sensualissime, seno stratosferico sensualissimo, vitino a vespa, incartapecorato in un vestitino rosso scollato e sensualissimo. Insomma, una troiona appena uscita da YouPorn. Incredibilmente, dopo averci ballato, esservici strusciato pervertitamente sopra tutto il tempo - come a voler approfittare di ogni centimetro di quell'imprevista buona sorte mandatagli dall'alto probabilmente dall'unico protettore dei più deboli: Fabrizio Corona -, riesce addirittura a portarsela a casa. Nella barzelletta, per le logiche della trama, altrimenti non avrebbe un suo necessario climax conclusivo ad effetto, il nostro Enea vive in un appartamento carino, per carità, ma con il bagno e la stanza da letto soppalcati. In pratica, per farti una pisciata, devi comunque farti una salita di scale per forza. Ad ogni modo, entrano in casa, si mettono a loro agio, fanno un aperitivo pre-sesso, nonostante in discoteca abbiano già bevuto di tutto, pure l'acqua del cesso corrotta con le benzedrina e, prima di stendersi sul divanetto-letto, lui sposta tutti i dvd della saga di Harry Potter, visti in un'unica lunghissima maratona no stop, proprio il giorno precedente. Lei chiede di andare in bagno per potersi dare una rinfrescata e lui, galantuomo, acconsente con un sensualissimo e macissimo gesto ammiccante del capo. Non riesce a credere di aver fatto una conquista simile e, mentre la vede, lei, la sua bella, sensualissima, salire le scale, già sta immaginando alle porcherie che avrebbe fatto da lì a poco. Tanto che, una volta che lei è entrata in bagno, sale silenziosamente le scale, per spiarla dallo spioncino della serratura del bagno, in perfetto stile Lino Banfi di una trentina d'anni fa. Vuole vederla già nuda, vuole vederla mentre si spoglia, vuole ammirarla. E di fatti, spogliandosi pian pianino, inizia a dar mostra di tutta la sua mercanzia, non lasciando alla fantasia di nessuno la possibilità di poter immaginare ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Lei si toglie le ciglia, si smonta i capelli, scolla le unghie finte, si sfila le lenti a contatto colorate. Trucchi, piccole finzioni che non nuocciono all'innamorato. E infatti, fin qui, il nostro Dante non batte ciglio e, nonostante l'ingegno ingannatore, nonostante la finzione perpetrata ai suoi danni dalla sua Beatrice, in silenzio la perdona, giacché non saranno due lenti colorate o un paio di extension a farla scadere dal suo cuore arrapato. Già sta pensando al domani, a quando l'avrebbe presentata agli amici, ai suoi genitori. Pensava ai figli che avrebbero avuto o a quando avrebbero litigato e poi teneramente fatto la pace; ai loro tramonti, ai loro viaggi, tenendosi teneramente la mano, in una notte di mezza estate, a quando sarebbero diventati nonni. Fantasticava già su una possibile vita coniugale insieme a lei e lei, la sua musa ispiratrice, nel continuare la sua azione rinfrescante, si smonta il seno, il reggi il culo e si toglie la dentiera. Qui, il nostro, un piccolo fremito, un tentennamento ce l'ha; rabbrividisce all'idea di aver pescato nel mar morto dell'amore, ma ancora vuole attendere, vuole comunque godersi la sua pesca, la sua fata che, imperterrita, però, si sfila perfino le labbra, si toglie il trucco dal viso e qui, in questo preciso istante, mostra la sua reale condizione di strega dell'estetica, una versione femminile carne ed ossa degli Sbullonati, derubricabile - senza alcuna pietà - a cesso ambulante. Vuole scappare, ma è casa sua quella, non può mica andarsene. Certo è, non l'avrebbe presentata ai suoi genitori, tantomeno ai suoi amici stronzi, che lo avrebbero preso per il culo fino alla fine dei suoi giorni. Ma nemmeno se la sarebbe chiavata una cosa così brutta. Nemmeno da ubriaco si può avere un coraggio simile. Svaniscono i sogni, i figli, i nipoti, i viaggi e la notte di mezza estate diventa torrido inferno in pieno traffico sulla Salerno Reggio Calabria. Potrebbe lasciarla da sola, chiamare la polizia, urlare, accusarla di essersi intrufolata in casa sua. Non gli viene in mente nient'altro, e intanto scende le scale, piano piano, per non farsi sentire. Poi, si siede sul divanetto, con le mani in volto, sconvolto, cerca di ragionare meglio sulla cosa: che fare, che dire? Sta per prendere una decisione, anzi no, il suicidio non va bene, lui vuole vivere, mica si può morire per così poco, però qualcosa bisognerà pur fare. Poi, ecco che l'epopea del nostro Romeo trova la sua conclusione tragicomica. Giulietta, dall'alto della sua balconata, entrata nella stanza da letto, grida al suo innamorato di poter or ora salire e appropinquarsi verso di lei e poter così godere del succo del suo sensualissimo corpo; tuttavia Romeo, sebbene impietrito nell'anima, si è comunque lasciato impietosire da quella cosina brutta e, ricordando le sue comunque ottime capacità smontabili, le risponde: " Non ti preoccupare tesoro mio, senza nemmeno che io salga, buttamela giù che facciamo prima". >> E niente, io sono per la verità, bella o brutta che sia.
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