Nell'ultimo periodo mi sto dedicando molto alla lettura di autori indipendenti. Il termine indipendente è spesso inflazionato, usato a cazzo e confuso con emergente. Il più delle volte, però, accorpa tutta una serie di definizioni più o meno accertate dal dizionario dei sinonimi e contrari uzbeko. In pratica, un indipendente è uno che o ha una piccola casa editrice che gli garantisce editing, stampa, promozione o un povero cristo che da solo si stampa il libro, si trova l'editor e caca il cazzo agli amici su fb con tremileduecento tag su locandine promozionali di eventi fatti a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro e, fondamentalmente, a pochi metri l'uno dall'altro: la prima presentazione in assoluto è d'uopo organizzarla nella biblioteca comunale del proprio paese, per invitare sindaco e assessore e dare così una parvenza istituzionalissima alla cosa. Un'altra presentazione, il nostro autore indipendente, la terrà a casa di zia Chicchina che non è potuta andare alla biblioteca, causa vene varicose. La zia inviterà tutte le sue amiche che, in vita loro, hanno letto solo sprazzi di Bibbia consigliati dal magnifico rettore della loro parrocchia e che, in generale, dei libri se ne fottono poco, ma hanno il borsellino pieno pieno di spicci e bontà cristiana, e tanto basta per sperare di piazzarne almeno una di copia. Fa molto rappresentante Avon, ma è così se vi pare. Per il secondo tipo di artista indipendente, finite le zie, i cugini e gli amici, il libro può dichiararsi definitivamente esaurito. Vendute tutte le cento copie, l'autore si riterrà assolutamente soddisfatto del successone. L'articolo sul giornale del paese, poi, sarà motivo di vanto tra amici e invidiosi. Cento battute di celebrità esposte sul camino costruito appositamente per piazzarvelo con tanto di cornice. Ad ogni modo, sia nel primo sia nel secondo caso, non è detto che il libro sia meritevole di considerazione. Che tu abbia una casa editrice, difatti, non fa di te un autore bravo. Non è detto. Come per i big, del resto. Potrebbe capitare che l'autore indipendente sia una femmina e le peggiori sono quelle col fare da sinistra radical chic, tutta diritti uguaglianze e cappotto da quattro stipendi di papà. Questa si atteggia solitamente a grande scrittrice convinta di essere dotata di fascino e sensualità nelle sue calze color carne e le scarpe aperte, per mettere in bella mostra piedicure e alluce smaltato di rosso, in stile Valeria Marini. Ma può capitare anche che il libro sia bello e che vi dia un senso di tristezza il fatto che, oltre Zia Chicchina che ha la cataratta, a leggerlo saranno poche altre persone. Ed è per questo che, quando mi capita di dover fare un regalo, invece di comprare la compilation di Tiziano Ferro, regalo libri di sconosciuti. Il festeggiato aprirà il pacco con la faccia schifata, è vero, ma può darsi pure che dopo ti ringrazierà. Dicevo, di recente ho letto un po' di libri indipendenti al punto che ho pensato di aprire questa specie di rubrica di uomini indipendenti sì, ma soprattutto coraggiosi. Simpaticamente e originalmente, la chiamerò IndieMen che in napoletano suona pure come indimen ? ( per gli italofoni è più o meno addirittura?) Se clicchi qui, qui e qui, leggerai già cose scritte su Amleto de Silva e Luca Fiorentino, in arte Aunasgheps). A volte, indipendente significa soprattutto essere bravi e poco famosi. Altre volte significa pure voler essere a tutti i costi poco famosi, che se piaci a tutti, va a finire che devi farti domande e darti risposte, ma non tutti sono degni di essere ospiti di Marzullo. Qui ve ne consiglio altri cinque, sperando di fare buon servigio all'umana specie, premettendo che non sono né uno scrittore, né un artista, né un blogger, né niente. Sono solo un lettore. Buongiorno e Addio (Abbiabbé). Qui potrei sembrare di parte per più di un motivo: l'autore, Francesco Mennillo, è un amico e in più ho scritto la prefazione. Però, credetemi, sono il tipo di persona a cui non piace dire che una cosa è bella se in realtà fa schifo. Né avrei mai potuto fare una prefazione a qualcosa che non mi piace. Buongiorno e Addio è un'insieme di racconti ben mescolati tra loro, dove i personaggi ritornano durante la lettura, dandoti la sensazione di essere di fronte a un romanzo. L'usus scribendi di Francesco è descrivere la realtà senza aggiugere orpelli di alcun tipo, come un'immagine fotografata e poi spiattellata sul web così com'è, senza filtri photoshoppevoli e con tanto di brufolone schiattato sulla fronte. Proprio di recente, gli ho detto che è come se facesse della realtà una gigantesca selfie dove nella foto non c'è soltanto lui, ma tutto un team di stronzi, puttane e filosofi coinvolti nell'ecosistema dei raporti sociali. Un esempio è il disparo. Di solito è l'amico che nelle uscite è l'unico senza fidanzata, ma il più delle volte, il disparo è quello che, proprio quando sei riuscito a rimanere un po' da solo con la tua fidanzata per fare un po' di porcherie, rompe i coglioni bussandoti al citofono e chiedendoti posso salire?, nonostante tu gli abbia fatto intendere non fosse il caso. ' A paura d' 'a morte, Maria Imperatore, Lista delle cose da fare prima di morire, Parole, Sergio e le noci, Dondola sono i miei preferiti. Ma se clicchi qui ti puoi leggere tutta la prefazione e capisci meglio dove voglio andare ad apparare. Un altro bel libro è Fermi (Albatros), di Teresa Pirozzi. Leggi i diciotto racconti e ti chiedi Dov'era nascosta? Te ne innamorerai, ne sono certo, perché il cinismo, la sensibilità e l'ironia con cui l'autrice affronta la realtà fa capire che nella scrittura c'è riscatto, e la cosa ti fa stare bene, anche quando cadi tra le intercapedini più tristi. L'indifferenza quotidiana del mondo si risolve con un delitto, un respiro affannato, un grido: la sensibilità di una bambina che non riesce a trovare una sua dimensione, nemmeno in casa, esplode con violenza sulla carta. Gite fuori porta, un uomo d'altri tempi, Tutto è tranquillo, Roba vecchia da buttare, I concorrenti dei quiz televisivi, Fuori, L'attesa sembrano essere ambientati in un'era senza tempo e senza spazio, eppure ci sei dentro, con le tue pareti di cristallo e le insicurezze pronte a spaccarsi da un momento all'altro. Poco più di un anno fa, la Marotta&Cafiero ha lanciato il romanzo Magari in un'altra vita, di Pino Ciccarelli, già musicista con i contro cazzi che ha suonato con i più grandi artisti italiani. La magia è nelle parole, perché Pino sa bene quando inserirsi in prima persona con un solo e poi farsi da parte per lasciare spazio allo spettacolo della storia e ai suoi interpreti. Attraverso i protagonisti, Giuliano e Riccardo, l'autore rievoca l'epoca degli anni '70 del quartiere marianella. È inutile specificarvi che in quel periodo non ero nemmeno tra i pensieri di quello spematozoo che s'incuneò poi tra le tube di falloppio di mammà, tuttavia leggendo Magari in un'altra vita, quasi ne sento la mancanza, quasi mi sembra di ri-viverli, come quando vedi un film di Totò e non ti sembra vero che il bianco&nero non è una scelta stilistica. Ci siamo capiti, no? Leggi e ti è tutto vicino e credo che questo sia il più grande successo per uno scrittore: farti stare dentro alla storia. A ogni capitolo, l'autore consiglia l'ascolto di un brano a mò di colonna sonora, simbolo di un legame indissolubile tra musica scrittura e ricordo. Io ritorno domani, di Flavio Girardelli, è uscito pochi mesi fa con Youcanprint. Lui ha uno stile di scrittura lontano dai miei gusti, non posso negarlo, tuttavia la storia cattura e ti lascia senza fiato nel finale. Il romanzo è ambientato un po' tra le montagne trentine un po' in una calabria sperduta, vecchia maniera. Tra ricordi, flash back e scampagnate bucoliche sembra tutto un idillio della vita e del buon vivere tra le alture italiche, tuttavia ad un certo punto l'autore si scatena dandoti un paio di cazzotti allo stomaco ed uno alla tempia. Detta così pare una cosa negativa e invece sono semplicemente i sintomi di uno stato d'animo che cambia a ritmo della trama. La cosa che mi dispiace è che non posso anticiparvi niente perchè è proprio in un preciso momento che la storia raggiunge dei picchi incredibili. Quando pubblicai il mio primo romanzo, m'appiccicai con quelli della casa editrice che, nella sinossi, mi sputtanarono praticamente il finale e io vorrei evitare di fare la stessa così qui. Vi dico che merita di essere letto. Basta? In questo periodo, poi, sto leggendo la raccolta di poesia di Aldo Granese, La mia corona, edita da EdizioniNuovaPrhomos. Non posso dirvi molto che sto a metà e in generale con la poesia ho un brutto rapporto. Non ne capisco molto, però posso dirvi che i sonetti che ho letto finora sono molto belli, evocativi e pieni di significato. Di Aldo, tra le altre cose, ho ascoltato "L'arpa dai fili di ferro", un concept album che mette in risalto voce, testi e una cultura sterminata che di questi tempi è un po' come cercare un perizoma in duecentochili di chiappe. Mi si perdoni la metafora, ma è la prima che mi è venuta. Il libro che NON vi consiglio di leggere è di Gianni Scudieri per la Tullio Pironti: Io e il rock. Mi dispiace dover parlar male del lavoro di qualcun altro, tuttavia non posso farne a meno. Chi mi conosce sa bene due cose:
Potrei risparmiarmela, è vero. Perché tirarmi queste inutili tarantelle?, ma devo pur salvarvi in qualche modo. La prefazione è a cura di Edoardo Bennato e la mia domanda è perché? Se è vero che un grande cantautore non deve per forza essere un grande critico letterario e/o avere buon gusto in fatto dei letture, e se è vero pure che spesso l'amicizia fa fare grandi errori nella vita, è vero pure che a tutto c'è un limite. D'altronde, non è nemmeno tanto indie uno che riesce a promuovere la propria opera alla Rai ed è introdotto da Bennato. Il libro doveva essere una specie di percorso storico del rock romanzato e alla fine sono diventate centoquarantuno pagine in cui l'autore, tramite la voce del protagonista, al secolo Francesco Normanno, si autoelogia di continuo, tra continui cambi d'umore e considerazioni sulla vita pressocché inutili. Però, c'è anche da dire che parlare di sé in terza persona e abboffarsi di complimenti è qualcosa che in pochi hanno il coraggio di fare e Gianni Scudieri lo ha trovato tutto. Il protagonista cambia e scambia tremila donne, chiaramente una più bella dell'altra, cornificando fidanzate, moglie e cani. Lui ha letto e ascoltato le cose migliori. Cita senza ritegno Proust, con la fastidiosissima mania pavoneggiante dello scrittore acculturato. Per Francesco Normanno il meglio del meglio è accaduto negli '70, il resto è merda, compresi i giovani e gli artisti che non saranno più come quelli di una volta. A un certo punto però si ricrede e si fa paladino dei più deboli: forse è colpa delle politiche moderne se i giovani non trovano spazio. Poi dice di stimare Mario Monti, l'allora presidente del consiglio. Pensato male, scritto peggio, cito testualmente: “Anche se non lo manifestava apertamente, era piuttosto contrario all'ondata miratoria che aveva attraversato l'Italia e l'Europa negli ultimi anni; razzista non lo era, però aveva cominciato a credere nell'identità nazionale, nel concetto che i bianchi debbano stare nel mondo occidentale, i gialli in asia e i neri in Africa! Francesco Normanno questo non lo diceva ma lo pensava, come lo pensa la stragrande maggioranza della gente la cui ipocrisia, però, non permette di manifestarlo apertamente”. Oltre che brutto è pure scemo. Non solo si dichiara non razzista per poi esserlo, ma in poche righe ti vuole convincere pure che, sotto sotto, anche se non vuoi ammetterlo, lo sei pure te che leggi. E questa cagata razzista la potete leggere già alle primissime pagine. E continuando le cose non migliorano. Poi ha un amore dichiarato per i punti esclamativi: li infila ad ogni frase ad capocchiam, manco fossero in saldo insieme al prosciutto rovagnati. Vi starete chiedendo perchè non l'hai buttato subito via se faceva così schifo? Beh, perché sono autolesionista e, soprattutto, non mi va di giudicare un lavoro dalle prime pagine. Bisogna andare fino in fondo per capire quanto fa davvero cagare, così come non si può interrompere la lettura di uno che ti piace solo perché le prime venti sono scritte come Dio comanda. Detto questo, vi auguro e consiglio di seguire gli artisti indipendenti, dalla musica alla letteratura, altrimenti un giorno, quando la nostra cultura sarà sterminata dagli alieni, rimarranno in giro solo dischi di laura pausini e libri di federico moccia.
1 Comment
PattyRob
2/2/2015 14:28:45
Grazie Francesco! Stimolante. Chiaro. Onesto. 😊😊
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